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Temples – Hot Motion

2019 - ATO Records
psych rock

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Tracklist

1. Hot Motion
2. You're Either On Something
3. Holy Horses
4. The Howl
5. Context
6. The Beam
7. Not Quite The Same
8. Atomise
9. It's All Coming Out
10. Step Down
11. Monuments


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È tempo del terzo album in studio per i Temples, giovane terzetto inglese balzato all’onore delle cronache nel 2014 per l’LP di debutto “Sun Structures” (Heavenly Recordings), indubbiamente uno dei compendi di revival pop-rock più fortunati degli ultimi anni. Insieme a Tame Impala, Foxygen e MGMT, i Nostri hanno contribuito a riportare in auge il songwriting psichedelico degli anni Sessanta e Settanta, in particolare quello dei connazionali (Beatles, Kinks, Pink Floyd e Pretty Things, in ordine alfabetico, per non offendere nessuno), distinguendosi per orecchiabilità ed estetica.

A due anni dall’insipida parentesi “Volcano” (Heavenly Recordings), frontman James Bagshaw e compagni tornano a far parlare di sé con 45 minuti di musica inedita che – a sentire loro – dovrebbe rappresentare “l’inizio di un’era”, tra nuovi compagni d’etichetta (alla ATO Records potrebbero andare d’accordo con Claypool Lennon Delirium e Altin Gün) ed un’impegnativa tournée mondiale (Bologna e Milano a fine Novembre).

Hot Motion”, tuttavia, non si dimostra all’altezza dell’hype generato. Il motivo? Per essere una band con una storia di singoli forti, stavolta fanno davvero un buco nell’acqua: Hot Motion e Context non convincono nella loro mediocrità, mentre You’re Either On Something suona un po’ troppo come Feels Like We Only Go Backwards dei poveri Tame Impala, la cui attitudine (quella dei tempi di “Lonerism”) è ricalcata senza ritegno dall’inizio alla fine del disco. Decisamente più personali e riuscite le epiche derive strumentali di Atomise, It’s All Coming Out e Monuments, che evidenziano le comunque sempre fresche capacità tecnico/compositive della band. Simpatiche anche Holy Horses e The Beam, pezzo molto più radio-friendly del solito in bilico tra Jake Bugg e Kevin Ayers (niente di speciale, ma se non altro qualcosa di inaspettato). Per il resto, tra marcette alla Black Keys (The Howl) ed esperimenti indie-dance-rock un po’ fuori luogo (Step Down), sembra che il terzetto di Kettering faccia sempre più fatica a stare al passo coi tempi, a differenza di altri (vedi TOY – “Happy In The Hollow” o Jacco Gardner – “Somnium”).

Mettiamola così: se la musica dei Temples fosse un regalo, sarebbe un gioiello. Un cliché visto e stravisto, vagamente impersonale, ma comunque in grado di lasciare senza fiato. In quest’ottica, “Sun Structures” e “Volcano”, pur privi di messaggio, avevano senza dubbio una caratura importante (si pensi al potenziale di brani come Shelter Song, Mesmerise o Strange Or Be Forgotten). La preziosità di “Hot Motion”, invece, rimane discutibile. D’altronde, com’è il detto? Non è tutto oro quel che luccica.

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