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Mikal Cronin – Seeker

2019 - Merge Records
alternative rock

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Tracklist

1. Shelter
2. Show Me
3. Feel It All
4. Fire
5. Sold
6. I’ve Got Reason
7. Caravan
8. Guardian Wall
9. Lost A Year
10. On The Shelf


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A quattro anni da “MCIII”, terzo ed ultimo capitolo di una trilogia a proprio nome, Mikal Cronin torna a farsi sentire con un nuovo LP, “Seeker”, registrato in seguito ad un breve ritiro spirituale a Idyllwind, sulle montagne della California del sud. Dico “breve” perchè – a quanto pare – il soggiorno è stato bruscamente interrotto da un incendio nei boschi circostanti. Non deve dunque sorprendere che il tema centrale del disco sia il fuoco, ciclico depuratore della terra, distruttore e creatore di vita.

Fin dall’introduttiva Shelter percepiamo che non solo la tematica, ma anche le sonorità scelte dal musicista losangelino sono di matrice classica: solidi arrangiamenti orchestrali, tsunami di chitarre e melodie super orecchiabili. Show Me e Feel It All, ballatone costruite intorno ad ineccepibili climax mulristrumentali, corroborano immediatamente la nostra prima impressione, tra echi zeppeliani e vibrazioni alla Raconteurs (quelli di “Consolers Of The Lonely”) o alla Wilco (quelli di “Sky Blue Sky”). E anche quando sembra dirigersi verso territori più pericolosamente “lame” o “radio-friendly”, il Nostro riesce comunque a sorprenderci con brutali cambi di batteria (Fire) o emozionanti sedute al pianoforte (Sold, il cui verso-mantra “be true, die young” potrebbe essere il suo “it’s better to burn out than to fade away”).

A questo punto Mikal si gioca la carta I’ve Got Reason, standout assoluta ed unica parentesi davvero incazzosa del disco, che rispolvera le pesanti chitarre garage degli inizi (“Reverse Shark Attack”) in una sintesi perfetta tra gli esperimenti dell’amico Ty Segall e quelli di Jack White, entrambi maestri nel rivisitare in chiave post-grunge il tanto amato “White Album” dei Beatles. Lo stomping di Caravan ci conferma che abbiamo raggiunto il picco d’energia, tra assoli di tromba e consigli rock’n’roll da vecchio marpione (“don’t go chasing girls, don’t go chasing waterfalls”). La riuscitissima combo armonica-piano di Guardian Wall (che, per quanto cliché, fa davvero molto Bob Dylan o Neil Young) ci riconduce su tracce più malinconiche, introducendo il secondo pezzo forte dell’album, Lost A Year, prima una battaglia di fiati, poi un’inarrestabile cavalcata a sei corde (qualcosa in bilico tra Neutral Milk Hotel e The Who). “Seeker” avrebbe potuto benissimo concludersi così, ma Mikal preferisce finirla in semplicità, su toni più pacati e riflessivi, un compito che lascia alle toccanti vibrazioni acustiche di On The Shelf.

Tra le influenze del disco, in Nostro cita Tom Petty (il cui capolavoro “Wildflowers” ne ha compiuti 25 giusto quest’anno), maestro nel miscelare attitudine rock e sensibilità pop. In termini contemporanei, ci troviamo di fronte ad un ibrido di Raconteurs (specie il lato Brendan Benson) e Steve Gunn con un pizzico di Damien Rice (si pensi alla sensibilità di “O”). In generale, percepiamo la volontà del musicista di muoversi con decisione verso sonorità sempre più “classiche”, un pattern già chiaro dai due lavori precedenti (“MCII” e “MCIII“) e condiviso da certi coetanei d’Oltremanica (Artic Monkeys). Un progetto ambizioso, dunque, che sta maturando alla velocità della luce anche grazie alla sempre spaventosa Freedom Band, di cui lo stesso Mikal fa parte in qualità di bassista. È infatti fuori discussione che senza il contesto orchestrale (violini, fiati, pianoforte, armonica) “Seeker” non potrebbe certo vantare la stessa magnitudo d’impatto emozionale.

Devo essere onesto: “Seeker” è davvero un gran bell’album. Oggettivamente. Era da un pezzo che non sentivamo del classic-rock così magistralmente eseguito, senza un brano di troppo o fuori posto e con giusto un pizzico di derive garage e pop che ci guardano comunque bene dal classificarlo come tale. Se volete impressionare qualcuno con un disco per Natale, ma non sapete da dove cominciare…beh, ecco a voi la soluzione. Al posto di Mikal, ora impaurito dalle fiamme (pare si sia recato in studio con una pigna come ricordo della traumatica esperienza), ci metto io la mano sul fuoco.

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