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Sore Eyelids – Avoiding Life

2019 - Tokyo Jupiter Records
emo / shoegaze

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Tracklist

1. half gone
2. isolation
3. everything’s a waste
4. i’m not there
5. act alive
6. a void in life
7. thought patterns
8. i thought i was doing fine
9. everyone disappoints
10. tilda
11. the hurt you do
12. clouded
13. no words left
14. nothing was ever fine


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É arrivato il momento di diventare grandi. I Sore Eyelids non hanno avuto troppe difficoltà a farsi conoscere nell’ambiente screamo/post-hardcore/chedirsivoglia-core/, pur senza mai uscire troppo allo scoperto e serbandosi un alone di inaccessibile riservatezza. La ragione è presto detta: svedesi e formatisi al tramonto del decennio scorso, all’interno dei Sore Eyelids contiamo per 2/3 membri dei da poco defunti Suis La Lune.

Se consideriamo le più recenti opere di questi ultimi era chiaramente ravvisabile il tentativo di approdare verso lidi più melodici: album come “Riala” del 2012 o sopratutto l’ep “Distance/Closure” del 2015 sposano molto di più il verbo dell’emocore tradizionale suonato ai giorni nostri, e quindi con inflessioni math e dilatazioni post-rock, in cui lo screamo, da matrice di riferimento quale era un tempo, diventa rinforzo contingente per i momenti più dinamici. Insomma, siamo lontani dalla visceralità post-Saetia di un album come “Quiet Pull The Strings“. 

Se la maturazione sonora di Helling Runolf andava in questa direzione allora non stupisce che i Sore Eyelids, da sempre più melodici e esangui dei loro fratelli maggiori, da side-project diventassero band principale. E tutto ciò che è stato fatto in questi dieci anni, tra ep, 7, split e un full-length ononimo datato 2012, raggiunge il culmine in questo “Avoiding Life”sia in termini di rappresentatività che di qualità. L’album infatti riesce perfettamente a sintetizzare il valore complessivo del gruppo nella stessa misura in cui testimonia un percorso di ricerca sonora giunto al termine. La sezione ritmica continua ad essere punk e continua ad esserci enfasi sui momenti più dinamici – senza per questo rinunciare a pestare anche nei momenti più rallentati – ma il tutto è immerso all’interno di un magma sonoro di stampo shoegaze e lo-fi. 

Già nel primi minuti del lavoro non veniva fatto mistero di quanto Ride, My Bloody Valentine e Dinosaur Jr fossero tra le principali influenze del gruppo, ma qui siamo entro i confini del tributo vero e proprio. Il guitar-work, ad esempio, guarda molto più a Mascis (Henning usa una Jazzmaster non a caso) che non agli Orchid, senza quella ipertrofia solistica (assoli qui non ce ne stanno per fortuna) ma ereditando l’uso del vibrato e la capacità di creare dissonanze armoniche. Ovviamente l’intenzione non è quella di rifare Bug mutata mutandis, infatti le strutture e le melodie restano le stesse di sempre: struggenti e melanconiche. Anzi, si potrebbe dire che lo spettro melodico è ulteriormente ampliato da arpeggi e fraseggi più classici alla American Football seppur bene adattati al diverso contesto (ascoltate A Void In Life Everyone Disappoints ). Le urla, che non sono mai state centrali nei Sore Eyelids a differenza dei Suis La Lune, sono in quest’album assolutamente bandite, mentre gli effetti alla voce, uniti al calore del timbro di Henning e alla sua tendenza a creare linee quasi gregoriane, contribuiscono a riverberare gli ambienti rendendo tutto più solenne. L’iniziale Half-Gone, praticamente un’epica detour post-rock, dovrebbe rendere il concetto. In questo senso, se volessi sbilanciarmi, direi che un altro riferimento potrebbero essere gli Envy di Recitation nei loro momenti puliti e coevi al post-rock, ma sul punto di quest’ultimo si parla di un capolavoro vicino a plutone e quindi prendete il paragone con le pinze. 

Difetti? Forse un po’ troppo lunghetto per un disco di questo genere e per un lavoro così monocorde(siamo intorno all’ora) , in cui non ha nemmeno troppo senso parlare dei brani nella misura in cui tutte le caratteristiche succitate le trovate sparse un po’ ovunque. Magari alcuni brani possono ricordare più gli inizi dei Sore eyelids o gli stessi Suis La Lune (penso alla doppietta Everything’s a Waste/I’m Not There) ma trattasi di contingenze. Unica menzione che mi sento di fare è per I Thought I Was Doing Fine, a mio giudizio momento più ispirato e rilevante dell’album. 

Tirando le somme, “Avoiding Life” è un disco coraggioso e affascinante, che scende a patti con l’urgenza di crescere e andare verso soluzioni in cui per hardcore non si intende solo pestare o urlare ad ogni costo (non che questa ipotesi ci faccia schifo). Oltre ai fan del genere, per cui è un ascolto quasi obbligato, se avete dimestichezza anche con lo shoegaze e l’indie rock e volete provare qualcosa di più punkettoso rispetto ai vostri ascolti abituali allora credo che un’opportunità ai Sore Eyelids dovreste concederla. 

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