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Eminem – Music To be Murdered By

2020 - Aftermath / Interscope / Shady Records
hip hop

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Tracklist

1. Premonition (Intro)
2. Unaccommodating (feat. Young M.A)
3. You Gon’ Learn (feat. Royce da 5’9? and White Gold)
4. Alfred (interlude)
5. Those Kinda Nights (feat. Ed Sheeran)
6. In Too Deep
7. Godzilla (feat. Juice WRLD)
8. Darkness
9. Leaving Heaven (featuring Skylar Grey)
10. Yah Yah (feat. Royce da 5’9?, Black Thought, Q-Tip and Denaun)
11. Stepdad” (Intro)
12. Stepdad
13. Marsh
14. Never Love Again
15. Little Engine
16. Lock It Up (feat. Anderson .Paak)
17. Farewell
18. No Regrets (feat. Don Toliver)
19. I Will (feat. Kxng Crooked, Royce da 5’9? and Joell Ortiz)
20. Alfred (Outro)


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Eminem deve averci preso gusto a far uscire album a sorpresa. Il che potrebbe portare a immaginare un certo grado di urgenza creativa ed espressiva, invece è proprio tutto il contrario. Certo, “Kamikaze” era urgente nella misura in cui era necessario che Marshall Mathers mandasse a fanculo tutti i detrattori del suo “Revival” e della sua Santissima Persona, ma l’urgenza, si sa, mica è roba di tutti i giorni, soprattutto per un performer la cui rabbia e ispirazione sono andate stemperandosi negli anni, com’è giusto che sia, lasciando sempre più spazio ad una tecnica da esporre in bacheca in un museo per turisti sprovveduti. Da Terminator a Mastro Geppetto il passo è stato fin troppo breve.

A sentir parlare il padrone di casa “Music To Be Murdered By” sarebbe più tosto del suo predecessore e invece l’mc cresciuto a Detroit pare aver ripreso i brutti fasti dell’altrettanto brutto “Revival”. Il titolo, va da sé, è un tributo ad Alfred Hitchcock (ci sono un interludio e un outro a nome Alfred non a caso) e invece più che il genio della cinepresa a tinte gialle sembra una messa in musica della serialità dozzinale di “Law & Order”: qualcuna delle ventordicimila serie del franchise funzionano, ma sono il 20%. La stessa identica cosa succede coi pezzi dell’undicesima fatica in studio di MM

Ulteriore fil rougè che lega il nono e l’undicesimo disco è la presenza di Ed Sheeran e Skylar Grey. Alle due musicalmente invisibili popstar si aggiunge una lunga lista di collaboratori: gli inconsistenti Don Tolliver e Young M.A., il solito Royce 5’9′‘ e i compagni di merende Joell Ortiz e Kxng Crooked, i giganti Q-Tip, Black Thought e Denaum, il millenial dipartito prematuramente Juice WRLD e dulcis in fundo il cavallo di razza Anderson .Paak. Insomma un sacco di gente per un sacco di brani. Tanti. Troppi. 

C’è di buono che Em lo dice sin da subito tra le rime dell’intro Premonition: “They say I’m lyrically amazing / But I got nothing to say”, segue inevitabile piagnisteo su come avesse da dire eccome su “Revival” ma  giornalisti cattivi e i fan più ingrati gliel’avessero stroncato (evidentemente non è bastato il venom di “Kamikaze” a sopprimere la lesa maestà), poi passa in rassegna una sfilza di dissing che dice non essere dissing, e via, labirinto. Ciò che è inequivocabile è che Mathers III sia un funambolo vocale incredibile, forse più di chiunque altro in giro oggi, cosa che pagherebbe con del contenuto, anche triviale, tuttavia non tutta questa banale autoreferenzialità. Prendete Godzilla, che è uno dei brani Hitchcock, basella saltellante, chorus affidato alla furboneria di J WRLD, poi parte il circo, che vede Eminem mettere il turbo e sparare un miliardo di barre al secondo in una dimostrazione di tecnica tanto sopraffina quanto fine a se stessa. Se siete avvezzi al mondo metal più classico vi troverete davanti alla versione hip hop di Malmsteem: duecentomila note a cascata utili come avere l’ano sul gomito. 

Mr. Porter confeziona un tappeto perfetto (ed è l’unica base davvero memorabile) per la lezione di storia del rap di Yah Yah con i co-titolari di A Tribe Called Quest e The Roots tirano fuori le armi pesanti facendo comunella delinquenziale con gli ex-D12 e Slaughterhouse picchiando sotto la cintura, e il prof. Eminem fa l’elenco di tutti i numi tutelari, e così in giro per il pezzo passiamo da Ice Cube a Slick Rick, dal Wu-Tang Clan a Eric B e Rakim e, come ovvio che sia, Dre. Cosa che sarebbero bastati i credits a fondo libretto, ma va bene così.

Per il resto buono cincischiamo nella violenza domestica di Stepdad su strumentale bombastica, nel reame del gangsta psicotico quasi targato ’97 di Little Engine e Marsh (c’è anche Farewell ma sembra una b-side club version di queste, che sono già una il lato b dell’altra). .Paak spacca il culo sul viscido r’n’b Lock It Up che quasi dispiace sentire entrare il padrone di casa, più un infiltrato che rompe l’incantesimo di un brano altrimenti perfetto.

Ciò che rimane – ovvero i brani “Law & Order” – è di una noia tale, così scontato e talmente brutto da non meritare menzione alcuna, fatta eccezione per Darkness,ballad strappamutande tanto oscena da lasciare spiazzati, forse il peggior esperimento in tal senso composto finora dal Nostro, il che è tutto dire, perché in ‘sta melma sguazza da un bel pezzo. Non un’ideona usarlo come singolo apripista, se così possiamo definirlo.

Album di questo tipo nell’anno del Signore 2020 non servono a granché. Li fa giusto chi si può permettere di farli senza perderci del suo, almeno in senso strettamente economico. Per del rap davvero buono e tutto fuorché manieristico – seppur finemente cesellato da un talento indiscutibile – ci toccherà aspettare il ritorno dei Run The Jewels. Nel mentre abbiamo tutto il tempo per dimenticarci di un disco che potrebbe giusto spaventare/sollazzare la Carrà (chi ha buona memoria capirà a cosa mi riferisco).

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