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Jeff Parker – Suite For Max Brown

2020 - International Antem / Nonesuch
avantgarde jazz

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Tracklist

1. Build A Nest [ft. Ruby Parker]
2. C’mon Now
3. Fusion Swirl
4. After The Rain
5. Metamorphoses
6. Gnarciss
7. Lydian
8. Del Rio
9. 3 For L
10. Go Away
11. Max Brown


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Sulla copertina, in una vecchia foto in bianco e nero, vediamo una giovane donna con un vestito a righe posare sorridente davanti all’obiettivo. Questa donna è la allora diciannovenne Maxine Brown, madre di Jeff Parker, alla quale il polistrumentista e arrangiatore dedica il seguito di “The New Breed“, un lavoro discontinuo e variegato ma al tempo stesso compatto e molto personale, dove il chitarrista dei Tortoise tenta e riesce a stimolare e tenere alta la nostra attenzione, senza mai annoiare.

Per “Suite For Max BrownParker chiama al suo fianco musicisti di tutto rispetto come i batteristi Makaya Mcraven, Jamire Williams e Jay Bellerose, il fiatista Rob Mazurek, il bassista (e co-produttore dell’album) Paul Bryan, il sassofonista Josh Johnson o il trombettista Nate Walcott, per poi elaborare e campionare le loro parti, creando un collage sonoro che ricorda più il sampling di J-Dilla che certi esperimenti d’avanguardia; improvvisazione e campionamento, che danno forma a una una jam straordinariamente piena di vita.

I colori caldi del jazz si tessono assieme al groove dell’hip-hop, soprattutto in brani come Gnarciss, Del Rio o la brevissima C’mon Now, nei cui ventisei secondi si percepisce chiaramente lo spirito del sopracitato producer. Ma Parker ci ricorda anche qual è il suo strumento primario: la chitarra scorre fluida sulla maggior parte dei brani, da 3 For L a Go Away, passando per After The Rain, dove prende il posto del sax di John Coltrane rendendo questa versione più eterea e sospesa dell’originale. Abbiamo davanti un musicista che sa che è meglio non strafare, che a volte la miglior qualità è l’equilibrio, e ciò è ben chiaro mentre si ascoltano i vari episodi di questa “suite”, nei quali basso, chitarra, tastiere, fiati e percussioni tessono insieme un’amalgama sonoro mai caotico, neanche nei momenti più frenetici, come la tribale Fusion Swirl.

La summa di questo disco si può individuare nella conclusiva Max Brown, dieci minuti durante i quali tutte le facce che Parker ha dato alla sua creazione si mostrano nella loro migliore espressione. La batteria porta avanti il suo groove spezzato e sopra di essa chitarra e synth si intrecciano creando un terreno sul quale tromba e sassofono si rincorrono, si lanciano in assoli, si nascondono per poi tornare nuovamente.

Suite For Max Brown” è una perfetta tesi di eclettismo musicale, che Jeff Parker redige con cura, dove jazz astratto si contamina con hip-hop, elettronica e rock sperimentale, creando un album non convenzionale ma familiare, impalpabile ma granitico.

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