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“Ramones”: One, Two, Three, Four! …..e fu Punk!

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La storia dei Ramones sembra essere la storia della classica rock band che nasce negli scantinati o nei garage di qualche casa o locale da quattro soldi. Ma stavolta c’è molto di più, perché nei primi anni ‘70 a New York nasceva una band che avrebbe dato un nuovo voto alla musica rock, mettendo le basi per qualcosa che non si era mai visto prima: il punk.

L’Altamont Free Concert del ’69 aveva tragicamente incrinato il movimento hippie, la cultura degli acidi e dell’amore libero, ma la grande musica che si era respirata in quell’epoca era solo l’alba di una nuova era. Il panorama musicale dell’inizio degli anni ’70 offriva tantissimo ottimo materiale, e ce n’era per tutti i gusti. L’Inghilterra regalava uno dei panorami musicali più innovativi, variegati ed importanti del momento: nel pop brillava la stella di Bowie, mentre nel rock le corazzate Pink Floyd, The Who, Led Zeppelin e Queen avevano preso il largo e i Black Sabbath cominciavano a muovere i loro primi ed indelebili passi, scolpendo le basi del genere heavy metal.

E in America? Nel nuovo continente si stava per assistere alla nascita di un qualcosa di grande, di rivoluzionario. Il panorama americano era dominato dalla psichedelia dei Velvet Underground e a loro si era aggiunta anche l’iguana indemoniata Iggy Pop con i The Stooges. Fino a che, quattro ragazzi di New York fondarono i Ramones e diedero alla luce il 23 aprile 1976 il loro primo album omonimo.

Ma cosa c’era di rivoluzionario in questo gruppo? Ciò che sorprendeva era l’energia smisurata che la band riusciva ad emanare attraverso un muro sonoro gracchiante, distorto ed eccentricamente ritmato. Inoltre, non dimentichiamoci, che le capacità tecniche dei quattro ragazzi erano piuttosto esigue, ma poco importava. Tommy, Dee Dee, Joey e Johnny avevano le idee molto chiare su ciò che volevano ottenere e, anche se con fatica, riuscirono a far conoscere ed amare la loro musica in tutto il mondo.

Brani veloci, tutti intorno ai tre minuti, con un sound rude, scarno e carico di spontaneità esplodono in un album aggressivo che fece dei Ramones il gruppo che influenzò i cari  Steve Jones (Sex Pistols) e Joe Strummer (The Clash) per la nascita del punk made in UK. Il loro primo disco balzò subito agli occhi del pubblico, anche se molti critici musicali rimasero scettici verso il sound di questi individui vestiti di jeans strappati e giubbotti di pelle.

Registrato con poche migliaia di dollari, il loro esordio comprende pezzi quali Blitzkrieg Bop che è diventata una tra le tracce più rappresentative della band: due tre accordi in barrè, basso minimal, con la batteria in 4/4 e la voce cruda ed acerba di Joey a completare l’irriverente cornice musicale. E così via, sulle ali di pezzi come Beat on the Brat e Judy is a Punk che diventeranno dei grandi classici per la band e il loro pubblico.

C’è spazio anche per qualche nota di dolcezza con I Wanna Be Your Boyfriend, una traccia che potremmo ossimoricamente definire love punk. Altri pezzi cult della band, quali Now I Wanna Sniff Some Glue o Listen To My Heart, arricchiscono e completano questo esordio, che, diventerà un cult e cambierà per sempre la concezione della musica rock com’era conosciuta fino a quel momento.

Personalmente, quando li ho sentiti per la prima volta, li ho ascoltati e riascoltati, trovando nella loro semplicità molto di più che in tanti altri gruppi molto più tecnici e musicalmente complessi di loro. Difficile pensare a cosa sia frullato nella testa alla gente quando, per la prima volta, ha scoperto e vissuto questa band negli anni ’70. Infatti, un conto è avere a disposizione tutti i generi musicali e spulciare qua e là dando sfogo a tutta la propria curiosità, come accade da fine anni ’90 in poi; ma cosa succede quando ti trovi, di punto in bianco, davanti ad una band capace di lasciarti senza fiato tirando fuori un muro sonoro del genere, apparentemente dal nulla? Non lo so, anche se devo ammettere che un po’ di invidia per coloro che hanno vissuto quei tempi la nutro ancora.

Fortunatamente per i fan e per la musica intera, “Ramones” fu solo il primo dei quattordici album registrati dalla band che, con il tempo, non ha avuto solo giornate di sole. Cambi di formazione, tossicodipendenze, e problemi relazionali, a volte proprio a causa della forte personalità espressa dai ragazzi. Il gruppo si sciolse definitivamente nel 1996, dopo aver collezionato il primato di ben 2263 concerti dal vivo e dopo aver raccolto l’ammirazione e il plauso di illustri personaggi della musica rock come Eddie Vedder, Chris Cornell e Lemmy Killmister, che con i suoi monumentali Motörhead dedicò alla band newyorkese il brano R.A.M.O.N.E.S..

Le critiche mosse alla band sulla scarsa durata dei brani e la loro struttura semplice e scarna, in linea generale, hanno fatto sì che questa band abbia sempre venduto meno di quello che ci si sarebbe aspettato. Pensate che ci sono voluti ben 38 anni perché questo disco raggiungesse il disco d’oro con 500.000 copie vendute. Probabilmente quelle stesse critiche hanno incrementato l’unicità della musica dei Ramones, rendendoli ancora più immortali e soprattutto confermandoli, a tutti gli effetti, come i padri indiscussi della musica punk.

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