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Andreotti – 1972

2020 - Autoproduzione
indie / cantautorato

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Tracklist

1. Eschimesi
2. Winnie The Pooh
3. Droga
4. Luis Miguel
5. Sassuolo
6. Colori
7. Aristogatti
8. Lombroso


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Ormai è appurato. Esiste un cantautorato indie italiano pre e post Calcutta. Prima di “Mainstream” la musica sembrava innovativa in ogni sua sfaccettatura, ogni cantante era degno d’attenzione e ogni risvolto veniva accolto da critica e pubblico con curiosità e trasporto. Dopo l’album che ha reso Calcutta famoso, invece, le cose si sono complicate. Gli italiani hanno affinato l’orecchio e il pubblico di massa sembra esser diventato anosmico, le partecipazioni a festival e concerti non sono più divenute così scontate e, tutto ad un tratto, sembra esser diventato difficile creare qualcosa di innovativo e ficcante. 

Andreotti, la cui provenienza ci è ancora ignota, assieme al bustocco Generic Animal, può rappresentare un’inversione di tendenza. Innanzitutto grazie al suo nome, capace di risvegliare senso ironico e attenzione in ogni italiano. In secondo luogo, poi, vengono il titolo scelto per il suo disco d’esordio, “1972”, anno in cui fu formato il primo governo presieduto dal Segretario della Democrazia Cristiana, ed al suo modo di apparire, come ultimo: indossando una maschera proprio di Giulio Andreotti che fa, ahimè, purtroppo, molto Bagaglino. 

Venendo alla sua musica, comunque, i pregi sono tanti, rintracciabili in questo disco di debutto. Andreotti infatti afferra i concetti base del cantautorato di massa italiano degli anni ’80 e li trasmuta, facendoli propri,  in un indie elettronico trascinato ed elegante, che fa sicuramente dei testi la sua arma vincente.

Il singolo Winnie The Pooh, uscito in sordina in veste di materiale promozionale, non è così interessante come Droga e Luis Miguel, capaci di mescolare sintetizzatori e lamenti con devota attenzione. Sassuolo ha rime veloci e dirette, che non ti aspetti, e conferma il trend dell’intero lavoro: ritornelli pochi, tanta prosa e voce acidula e sferzante. Andreotti rende così gustose anche assonanze come “Notte / Fotte”, riportandole su un piano grottesco capace di stimolare più di un ghigno. Come in Lombroso, le descrizioni e la quotidianità vengono dipinte di sottecchi, grazie a rime come “Petaloso / Lombroso”, omaggi ad Achille Lauro ed “e” che vengono pronunciate come “a”.

Secondo me è una realtà da seguire, questo Andreotti. Poi vedete voi. Sicuramente esiste di meglio, come Babalot, per esempio, che non smetterò mai di menzionare nelle mie recensioni. Ma prendiamo questo “1972” per com’è: un disco di otto tracce di cantautorato italiano.

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