Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

The Residents – Metal, Meat & Bone

2020 - Cherry Red
sperimentale

Ascolta

Acquista

Tracklist

Disc One

1. Bury my Bone
2. Hungry Hound
3. DIE! DIE! DIE!
4. River Runds Dry
5.  The Dog's Dream
6.  I Know
7.  Pass for White
8.  Tell Me
9.  Mama Don't Go
10. Dead Weight
11. Cold as a Corpse
12. Blood Stains
13. Cut to the Quick
14. She Called me Doggy
15. Evil Hides
16. Midnight Man

Disc Two

1. Bury my Bone
2. Hungry Hound
3. DIE! DIE! DIE!
4. River Runds Dry
5. The Dog's Dream
6. I Know
7. Pass for White
8. Tell Me
9. Mama Don't Go
10. Dead Weight


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Nel corso delle ultime quattro decadi il collettivo mascherato noto come i Residents ha sempre tirato dritto per la sua strada, creando musica obliqua e misteriosa, percorsi sonori ostici e tortuosi, che con il passare degli anni non si sono mai ammorbiditi. Contrariamente a molti colleghi non rinnegano la tradizione, ma al contrario la assorbono, filtrandola e rimodellandola fino a farla propria. Hanno affrontato il canzoniere di Hank Williams, le marce di Sousa, le composizioni di Gershwin fino ad arrivare a Elvis e James Brown. Puntualmente il risultato ha sempre generato dei meticci tanto deformi quanto affascinanti, dimostrando come il gruppo sia abile nell’attingere da passato e presente, sempre a cavallo tra ricerca e avanguardia.

Fino ad oggi il blues non era ancora passato sotto il loro scanner, ma con il nuovo “Metal, Meat & Bone” recuperano la lacuna. Il disco ruota intorno alla figura del misterioso bluesman Alvin Snow, detto Dyin’ Dog, che i Residents, a quanto dicono, hanno conosciuto grazie ai demo registrati dal loro amico e collaboratore Roland Sheehan. Le canzoni dell’album altro non sarebbero che le personali rivisitazioni dei brani di Snow, insieme ai demo originali del musicista. Credere alla storia o meno non è importante, quello conta maggiormente è rendersi conto che abbiamo a che fare con il più bel disco dei Residents da molti anni a questa parte.

Dopo una frammentazione discografica fatta di live, compilation, colonne sonore e dischi strumentali i Residents sono ripartiti con “The Ghost of Hope” e “Intruders”, due album che non hanno lasciato il segno fino in fondo. Qui invece il livello sembra essere tornato altissimo. La rimanipolazione delle demo originali dà vita a brani di sorprendente intensità, arrangiamenti a volte minimali, a volte magniloquenti ma sempre fedeli alla formula Residents, tanto astratta quanto riconoscibile. Un’opening potente come Bury my Bone non si sentiva da tempo. La paletta di suoni e arrangiamenti è molto variegata; spesso compaiono voci femminili e ospiti, come nel caso di Black Francis dei Pixies, la cui voce cavernosa è protagonista in DIE! DIE! DIE!, apocalittica litania, corredata anche da un singolare videoclip nel quale figura un infernale Donald Trump.

Finalmente ritorna quel senso di sospensione, di spaesamento, che da un po’ di anni mancava nei lavori del gruppo, quella componente metafisica e assuefante che non saprei neanche come descrivere, che mi ha fatto innamorare di capolavori come “Demons Dance Alone” o “Animal Lover” che sembrano provenire da un’altra dimensione.

Le demo originali sono contenute in un secondo disco, e ascoltandole sembrerebbe proprio di essere caduti nell’ennesimo tranello dei Residents. Le “registrazioni originali” sembrano proprio suonate da loro. Dopotutto sarebbe solo l’ennesimo depistaggio messo in atto nel corso della loro carriera, l’ennesimo specchietto per le allodole che tanto li diverte. La cosa più interessante di queste presunte demo è poter ascoltare lo stesso album in versione primitiva, con arrangiamenti convenzionali e senza le trovate acide e le decostruzioni tipiche dei Residents.

Nel recente “Ghost of Hope” il concept era molto interessante ma il contenuto non era all’altezza, “Intruders” aveva dei momenti molto ispirati ma complessivamente rimaneva sottotono, qui invece il punto di partenza concettuale genera una serie di canzoni fantasmagoriche, evocative e spettrali che valorizzano alla perfezione la loro cornice narrativa, se di narrazione si può parlare. Dopo alcuni anni di tentativi e sperimentazioni non sempre riusciti i Residents hanno finalmente ritrovato la retta via, dando alla luce un piccolo capolavoro.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni