Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

The Body – I’ve Seen All I Need To See

2021 - Thrill Jockey
noise / sludge

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. A Lament
2. Tied Up And Locked In
3. Eschatological Imperative
4. A Pain Of Knowing
5. The City Is Shelled
6. They Are Coming
7. The Handle / The Blade
8. Path Of Failure


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Continua la marcia funebre e inesorabile dei The Body. Che sia a fianco di Lingua Ignota negli Sightless Pit, con Uniform, Thou e Full Of Hell poco importa, Lee Bruford e Chip King restano prolifici e ispirati ma, soprattutto, irrefrenabili.

Il Machines With Magnets, studio di Seth Manchester (e Keith Souza), è, senza più dubbio alcuno, la tana ideale per chi dal proprio suono vuole estrapolare tutte le frequenze più vicine al proprio mostro interiore, snaturandole, destrutturandole e ricomponendole così come la propria anima nera e sozza desidera che siano, per dire che solo negli ultimi tre anni ci abbiano messo piede Daughters, Street Sects e Liturgy per dar vita ad alcuni tra i loro migliori lavori la dice lunga, se non di più. Il duo di Providence lo sa bene e ancora una volta vi trova il fertile terreno per far crescere un raccolto di gramigna, venefico come pochi altri.

Nel rumore ci sono tante frequenze ed esperirne una ad una è cosa che i The Body non riescono a fare a meno, sotterrando le melodie per riportarle alla luce infangate di dolore a cui è imponibile un sanguinamento del condotto uditivo, un canale unidirezionale verso un inferno privato che in tutto il corso del 2020 non ha fatto che spandere le proprie nere radici nel cuore di ognuno di noi e che il gruppo non può che delineare a tratti brutali in “I’ve Seen All I Need To See”. Ho visto tutto ciò che dovevo vedere, ed eccolo qui. Fa male, lo sapevate già, ma andate avvertiti, ancora una volta.

L’empietà noise è tensiva oltre il livello di guardia, si espande in momenti di pura sospensione, regolata dal solo passare del tempo che pianta il seme del male e rende sordi, gracchiante al punto da sfiancare (A Pain Of Knowing, Tied Up And Locked In), collegandone i cavi ad un pannello di controllo in cui il doom è stratificato e torreggiante, sfarfalla su schermi danneggiati e svampa scariche elettrostatiche che corrono attorno a voci che scorticano, cariche del dolore della solitudine (The City Is Shelled, A Lament, quest’ultima pervasa da un sottile lucore black, The Handle/The Blade).

Nel tempo di un respiro, lungo e affannoso, l’elettronica cresce e si espande, virale e soggioga il fuzz, lo schiavizza creando diffusioni entropiche e asfissia, come se Matmos e Eyehategod si incontrassero all’obitorio (They Are Coming), mentre svisate free jazz occhieggiano dall’inferno, un luogo freddo e nascosto ma accessibile, se solo lo si desidera (Path Of Failure).

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni