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The Punk Box

THE PUNK BOX #6: Duodenum, For Food, Tabula Rasa, Cavemen, Bipolar, The Rumblers, Nero Kane, Podium, Spacepony

Così, di botto, senza senso. Perché tu vuoi dar senso a questa storia ma questa storia un senso non ce l’ha. Ha ancora senso scrivere di musica nel 2021? Ha senso disquisire di un disco piuttosto che di un altro, quando i dischi non se li compra più nessuno e da un anno a questa parte non si va più nenache ai concerti? E, ancor di più, ha senso parlare di musica underground, di piccole etichette, di questo e di quello? Noi questo non lo sappiamo, ditecelo voi, tra una playlist Spotify e una di Tidal. Noi possiamo solo dirvi questo: dopo averci messo quasi un mese a scrivere il sesto volume del Punk Box, un bel giorno, quando il pezzo era pronto per l’invio in redazione, il sottoscritto cancella tuttosenza volere, con un clik. Bel pirla. Eccoci quindi a riscrivere tutto, più caparbi che mai, senza sapere bene cosa dire ma con la fiducia che il punk roghenrò ci farà trovare di nuovo tutte le parole. Eccolo il senso, almeno per noi.

SPECIALE BUBCA RECORDS

Era doveroso, arrivati alla sesta puntata, scrivere quattro parole su una delle realtà più interessanti in Italia se parliamo di punk e suoni “storti”. La Bubca Records si autodefinisce una “label not label” e fa tutto artigianalmente: Cd-r, copertine fatte a mano, fotocopie, adesivi e cartoline. Il catalogo è possibile ascoltarlo e scaricarlo sul sito Bandcamp e se state pensando che è una roba da freak un po’ fuori di testa, beh sì, come darvi torto, ma è gente che sa tremendamente il fatto suo; basti pensare che tra le sue uscite potrete trovare le primissime cose registrate da un certo Ty Segall (vi si sono drizzate le antenne?) da solo e con gli Epsilon, all’interno della fondamentale compilation Fuck California Dreaming, che racchiudeva altre realtà della nascente scena lo-fi garage punk americana dei primi anni zero; oppure il cd dei Chats, nuova sensazione della scena punk rock australiana. Insomma, qui di carne al fuoco ne abbiamo molta dottò, non solo punk, ma anche psichedelia malaticcia, weird blues/ r’n’r, folk stralunato; fatevi un giro e non ve ne pentirete. Per chiudere lo speciale vi spariamo ben tre recensioni di roba nuova e appena uscita:

Duodenum – The Best Of The Worst, 10 anni – 2010/2020

Dieci anni di Duodenum, e chi l’avrebbe mai detto. La coppia che (non) scoppia, ovvero Number 71 Monobanda e Tabula Rasa, festeggia i 10 anni di attività con un best of di 37 pezzi. Sfilano quindi inni lo-fi punk/weird r’n’r scassatissimi come I Smoke Pope, C’Mon Lets Masturbate, Radical Chic, No Job Blowjob, Burn And Shine. Tutto all’insegna del buona la prima (massimo la terza) e della bassissima fedeltà. Chitarre, bateria, urla, kazoo, e tantissima capacità di non prendersi troppo sul serio ma allo stesso tempo (o forse proprio per questo) di apparire fortemente autentici e credibili. I Duodenum sono uno scatarro in faccia a tutta la musica fighetta. I Duodenum, se li chiamate, vengono a suonare pure dentro al cesso di casa vostra, sfidando le ire di genitori, compagni e compagne. I Duodenum sono il rock’n’Roll, o, come si definiscono loro, the worst and the best band ever. Volete dargli torto?

For Food – Snow

Questo disco uscì qualche anno fa in forma di cd autoprodotto; la benemerita Bubca lo ristampa, e noi di questo la ringraziamo. For Food è (era?) una band di Ferrara dedita a un post punk a tinte oscure con pesanti bordate di psichedelia West Coast da sogno americano ben presto diventato incubo infognato in un cattivo acido. Grande tiro, gran scrittura ( un pezzo come Who Does The Dynamite, le tanto osannate band di post punk inglese oggi tanto in voga, siamo sicuri saprebbero scriverlo?), notevole capacità di cambiare registro all’interno di un brano (Let’s Meet) o di picchiare duro quando occorre (Dead Is Dad). Assolutamente da riscoprire.

Tabula Rasa – Ninne Nanne

Per la prima volta nella nostra storia, anziché essere in clamoroso ritardo come al solito andiamo a recensire un disco che ancora deve uscire. L’onore spetta a “Ninne Nanne” di Tabula Rasa (alias Luca Tanzini) boss della Bubca e socio dei già citati Duodenum e di mille altre sgangheratissime band. Registrato in diretta col cellulare e destinato all’uscita in formato cassetta, “Ninne Nanne” è un’odissea psych di 27 minuti suonati tutti in apnea, solo voce, chitarra e paranoie assortite del buon Tab, che tra filastrocche nonsense (4 metri sottoterra), reinterpretazioni delle più classiche ninne nanne e odi alle telecamere di sorveglianza mette sul piatto quintalate di alienazione condite dal classico sense of humor che solo i toscanacci come lui hanno. Anche se poi, sulla reiterazione e l’atmosfera danneggiata di Nulla è x sempre il senso di disagio sale che è un (non) piacere. Approcciarsi con cautela, dunque.

The Cavemen – Euthanise Me Ep (Slovenly Recordings)

Nuovo 7” che anticipa l’uscita del disco per una delle realtà più consolidate della scena punk rock internazionale; i neozelandesi Cavemen con questi 4 pezzi nulla aggiungono e nulla tolgono alla loro scrittura, confermando ormai di essere una punk band con evidenti influenze hardcore piuttosto che una punk band con evidenti influenze garage sixties come erano agli esordi. Tant’è, i 4 brutti ceffi colpiscono sempre dritto e duro, e quando abbassano un po’ i giri suonando un tantino più caracollanti e viziosi centrano il bersaglio alla grande, come nella conclusiva Over You.

Bipolar – S/T (Slovenly Recordings)

Altro 7”, ma questa volta è un esordio; i Bipolar sono un duo di origini iraniane di stanza a New York che suonano un punk rock veloce e duro, una sorta di incrocio perverso tra gli inglesi Adicts e gli americani Screamers. In copertina si conciano come pagliacci (altro riferimento agli Adicts) e nelle note di copertina ringraziano mamma e papà per il loro supporto; non facciamoci ingannare da queste carinerie, perchè i ragazzi come già accennato non lesinano mazzate e i 4 pezzi dell’Ep convincono ascolto dopo ascolto. Li attendiamo sulla prova lunga.

The Rumblers – Take It To The Right Spirit (Autoproduzione)

Parlare di esordio per gente che calca i palchi da una vita e con la stessa frequenza con cui Valentina Nappi gira scene hard, fa un po’ sorridere. I Rumblers sono il classico trio r’n’r nato con la missione di far muovere i culi a grandi e piccini; “Take It To The Right Spirit” nasce quindi con quell’intento, con la (notevole) eccezione rappresentata da Evil Outside, ultima traccia in scaletta registrata con mezzi di fortuna, sorta di blues in bassa fedeltà col diavolaccio dello scazzo da lockdown che fa capolino dalla spalla Il resto del programma, come detto, è r’n’r bagnato con lo swing e il rockabilly, con tanto di cover di Willie Dixon (My Babe). Musica che fa rima con party, roba per farvi sudare ed espellere liquidi di varia natura. Musica quindi non indicata, ahimè, per i tristi tempi che corrono; i Rumblers sperano (e noi con loro) che questa storia finisca presto. Ci si vede sotto i palchi.

Nero Kane – Tales Of Faith And Lunacy (Nasoni Records, Blood Rock Records, Anacortes Records)

A due anni di distanza dall’esordio solista (recensito su queste pagine) Nero Kane ritorna con “Tales Of Faith And Lunacy“, e la sua esplorazione dark sciamanica entra sempre più nel vivo. Coadiuvato dalla partner in crime Samantha Stella il nostro ormai ex punk rocker stupisce sempre di più per come ha saputo sviluppare in soli due album una poetica del dolore e della redenzione dai contorni così netti e definiti. Stupisce, dicevamo, perchè questi cantici intrisi di un così forte senso drammatico sarebbero potuti uscire dal profondo Sud degli States. Questo disco potrebbe anche essere un’ottima colonna sonora per un western gotico, grazie alle sue trame oscure e al suo ampio respiro cinematografico. Le lente e ipnotiche sette canzoni che compongono il lavoro si bagnano della stessa acqua battesimale delle ballate dell’omicidio di Caveiana memoria, hanno il passo marziale e austero della musica degli Swans, sanno di incenso e sabbia desertica, possiedono la sacralità malata del Doom e del Blues. Il sacerdote Kane non fa musica per tutti; a voi decidere se entrare nel vortice o no.

Podium – S/T (Slovenly Recordings)

I Podium da Valencia rappresentano un corto circuito mica male; frullano tanta roba ascoltata negli anni 90 e ce la risputano in faccia con un piglio luciferino che mette soggezione. La band creata da Nick Trampolino (partito inizialmente come one man band con tanto di drum machine ma ben presto diventato un gruppo vero e proprio) in questo esordio brutalizza l’hardcore, certo industrial primigenio, il noise rock con piglio claustrofobico e con un suono compresso e feroce. Non da scampo, non concede sosta, la prima cosa che colpisce è l’aggressione, proseguendo negli ascolti vi accorgerete anche delle linee melodiche. Ma inizialmente i Podium intendono mettere alla corda, e, se siete dentro a certe sonorità, vi ci farete mettere volentieri. Per stomaci forti.

Spacepony – Pinball Odissey (Ugly Dog Records)

Se cercate gli Spacepony su Google, sicuro come la morte che accanto al loro nome troverete la parola “dreampop”. Ammettiamo pure che l’aggettivo caratterizza fortemente la musica dei ravennati capitanati da Stefano Felcini; ma se è facile categorizzare ad un primo ascolto la musica dei nostri, è altresì vero che le inevitabili influenze che permeano Pinball “Odissey“, esordio lungo dopo due Ep, sono finemente intessute in un telaio solido ed efficace come un bomber di razza. Ecco quindi che parlare di numi tutelari come Grandaddy, Wilco, Sparklehorse e Mercury Rev (e quindi citare quel tipo di rock americano tra metà novanta e primi duemila) può valere fino a un certo punto, poiché la psichedelia spaziale e sognante (aridaje) dei nostri assume progressivamente dei toni sempre più personali. Questa è l’abilità degli Spacepony; è facile inserirli in quel filone, ma ascoltandoli con attenzione non li ricondurrai mai a nessuno in particolare. Merito, crediamo, di un songwriting che nutre i brani della capacità di respirare e che non l’ansia da prestazione di arrivare in fretta. I nostri possiedono anche una certa credibilità a livello internazionale, lo dimostrano gli special guest di Mike Watt e Tony Crow e Matt Swanson dei Lambchop.

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