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Yuko Araki – End Of Trilogy

2021 - Room40
post industrial / noise

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Tracklist

1. Code Of Sanctuary
2. Exhalation
3. Dazed
4. Cat Food 2
5. Inconstant Tangents
6. Positron In Bloom
7. A Ripple From Observatory
8. Tricentennial
9. Blood And Castle
10. Lost Race
11. Moonstroke In The Mountain
12. Optical Landfall
13. Dreaming Insects
14. Barnacle Twins
15. Howling Nebula
16. Dying Of The Night


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Prendi un piano e distruggilo. Prendi la musica e trasformala. Prendi il rumore e plasmalo. Fanne ciò che vuoi e piegalo fino al limite estremo del fastidio. Pensalo, immaginalo e, alla fine di questo processo troverai Yuko Araki.

Polistrumentista nata a Tokyo, cresciuta con le nozioni pianistiche più classiche e poi, come tanti di noi, folgorata sulla via di Damasco dal metal, dall’hardcore punk e da tutto ciò che la capitale del Sol Levante avesse da offrire nelle strade più oscure e nelle sale prova, quelle in cui si suda e suona finché le orecchie non sanguinano. Queste realtà si sovrappongono, negli anni, e il talento di Araki si fa sempre più evidente e spaziare dalle trame psichedeliche delle Kuunatic (band in cui Yuko stringe le bacchette) allo straziare macchine analogiche per creare altri mondi, pesanti e debilitanti, pare non costituire un problema. Anzi.

Nei meandri dello studio si trovano le frequenze e le distorsioni, la ricerca del rumorismo che sfocia nella creazione di “End Of Trilogy”, un groviglio d’intensità noise, una ricerca della melodia sul fondo di una stanza buia e lugubre. Spezza le onde e distrugge, crea e si avvolge. Ci sono orrori striscianti (Lost Race, Moonstroke In The Mountain), mitragliatori harsh che annientano (Code Of Sanctuary, Inconstant Tangents, Cat Food 2), respiri corti e affannosi che espirano techno minimale tagliente come vetro infranto (Optical Landfall), tensioni e sospensioni, momenti di calma perpetua e oscura (Exhaltation), spazialità che volgono sguardi verso il pianeta Tangerine Dream (A Ripple From Observatory) e delirio in cui lo spazio, invece, viene divorato dalla claustrofobia (Dying Of The Night), in un turbine che, una volta spentosi, lascia le orecchie fischiare per ore e ore, mentre questa scheggia post-industriale si allontana nella notte.

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