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Interviste

Tenere la fiamma viva e continuare a lottare: intervista ai Qlowski

Photo: Chiara Gambuto

Uscito il 4 giugno, “Quale futuro?” (qui la nostra recensione) è il nuovo album del quartetto italo-inglese dei Qlowski edito dalla Maple Death Records di Jonathan Clancy (Settlefish, His Clancyness…). La loro musica è un connubio di citazioni alla musica inglese che passa dal punk alla new-wave, da David Bowie, The Clash e i Cure, ma che al tempo stesso riesce a trovare un proprio spazio artistico curioso e originale. È proprio riguardo alla loro storia, alla loro arte e al loro interrogativo sul futuro messo in musica che abbiamo voluto intervistarli.

Ciao ragazzi, come state? 

Felici di essere tornati su un palco dopo 8 mesi.

Prima di parlare del vostro ultimo lavoro raccontateci un po’ le tappe salienti della vostra storia. 

Come tanti progetti è nato in una cameretta tra Via Sant’Isaia a Bologna e casa dei miei in provincia di Ravenna. Quando Cecilia ha sentito i primi pezzi che stavo scrivendo ha subito spinto perché formassimo una band. Negli anni abbiamo cambiato diverse sezioni ritmiche, e nel 2018 io e Cecilia ci siamo trasferiti a Londra. Dal 2019 abbiamo Danny Smartt (Northern Ireland) al basso e Christian Billard (USA) alla batteria per tutte le registrazioni. Ultimamente si è aggregato anche James Luxton (UK) alla batteria per i live in UK e Europa.

Il vostro album “Quale futuro?”, il primo per l’esattezza, ha un titolo estremamente evocativo (vi auguro di trovarne sempre di così); interrogativo, senz’altro, ma anche provocatorio se vogliamo, visto il momento storico, quanto mai pieno di domande, che stiamo vivendo. Parliamo della nascita di questo album e il concetto, se c’è, che tiene insieme questi brani.

Il disco è essenzialmente una riflessione su come il sistema capitalista influenza ogni aspetto della nostra esistenza. Dalla presenza o meno di lavoro, le condizioni e i diritti dei lavoratori, la situazione socio-economica, la disuguaglianza, fino a cambiare i rapporti personali e la percezione di se stessi. Al punto che il rischio diventa poi di approcciare le amicizie come fossero networking (che vantaggi mi da diventare amico di quella persona). Oppure, pensare che il lavoro che hai, non solo definisce quello che può permetterti di comprare, ma anche chi sei. Dall’altro lato, il rischio è di sentire continuamente la pressione di monetizzare i tuoi hobby e passioni, perché se non c’è profitto è tempo perso. E alla fine, nulla è più puro, tutto è valutato in base alla profittabilità, ed è destinato a perire. E temo che tutti, a diversi livelli, siamo influenzati da queste dinamiche. Nell’album cerchiamo di riflettere sul nostro ruolo in questa situazione.

La produzione del disco sa essere sporca e diretta come la musica punk ma anche raffinata ed elegante grazie agli elementi elettronici. Siete voi stessi a ricoprire questo ruolo o negli anni siete riusciti a trovare una figura esterna vicina alla vostra sensibilità musicale?

Ogni volta che iniziamo a scrivere qualcosa di nuovo cerchiamo sempre di darci diversi limiti, nel tipo di strumentazione, numero di pedali che si possono usare etc. Abbiamo sempre trovato che lavorare in una situazione limitata ci spinge a trovare soluzioni sonore alternative, e sperimentare maggiormente per riuscire a creare il suono o l’idea che avevamo in mente. Inoltre, questo album in particolare, a differenza delle uscite precedenti ha avuto anche il contributo di due musicisti incredibili come Danny e Christian, che ci hanno aiutato a raffinare il suono tenendolo fedele alla nostra idea iniziale. Infine, la presenza in studio di Lindsay Corstorphine (Sauna Youth, Cold Pumas) ha sicuramente permesso ai nostri pezzi di raggiungere la loro massima potenzialità.

Photo: Chiara Gambuto

Quando avete capito che era il momento di affidarvi ad un etichetta discografica? Potrebbe essere un ottimo consiglio per le band amatoriali e ancora “acerbe” sotto questo punto di vista.

Diciamo che tutto è avvenuto in maniera molto naturale. Vedere nascere Maple Death e la comunità di artisti incredibili che Jonathan è riuscito a creare ci ha ispirati tantissimo come persone e musicisti. Sapere che esiste un’etichetta che rappresenta tutti i valori e le idee in cui credi è fantastico, e fin dall’inizio il nostro desiderio era di far parte di quella famiglia.Un processo simile è avvenuto con Feel It, che nel 2020 ha pubblicato Sweeping Promises, una delle nostre band preferite al momento, per cui abbiamo subito scritto a Sam se fosse interessato a collaborare. Ed è molto bello vedere come le due labels stiano collaborando in totale sintonia e amicizia!

In questo album c’è una traccia strumentale, “Interlude 2/11/1975”, dove è possibile sentire una voce, ho pensato a Pasolini e alla data del suo omicidio. E’ un vostro omaggio a Pier Paolo? Che significato ha avuto per voi quell’evento?   

Pasolini è una delle più grandi influenze di Qlowski fin dagli inizi. Questo pezzo è stato scritto e registrato il 2 Novembre 2019, e non è altro che un omaggio a uno dei nostri artisti e intellettuali di riferimento. La poesia che recita è ‘Supplica A Mia Madre’, e quei versi mi sembrava racchiudessero tutto il senso del nostro disco, la continua contrapposizione tra la propria lotta personale e il mondo esterno, la società: ‘E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame / d’amore, dell’amore di corpi senza anima’.

Potrei porvi la stessa domanda per tutti i brani del disco, ma la canzone “Wanderer” mi ha particolarmente colpito. Com’è nato questo brano? 

Mark Fisher chiude il suo Capitalist Realism con queste parole: ‘The tiniest event can tear a hole in the grey curtain of reaction which has marked the horizons of possibility under capitalist realism. From a situation in which nothing can happen, suddenly anything is possible again”. E The Wanderer parla esattamente di questo. Tenere la fiamma viva, continuare a lottare, e all’improvviso un giorno, tutto potrebbe cambiare.

Speriamo di potervi vedere dal vivo molto presto dopo queste timide e graduali riaperture, “Quale futuro?” sembra essere un album adatto ad interessanti performance dal vivo. 

Sì, il fatto di aver registrato gran parte del disco live ha sicuramente fatto si che riuscissimo a mantenere su disco una maggiore intensità. E si, anche noi non vediamo l’ora di tornare a suonare in Italia! 

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