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Back In Time

“Psychocandy” dei The Jesus And Mary Chain, ovvero fare surf nel cratere di un vulcano

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Psychocandy” era una colata lavica di dolce rumore bianco e lapilli di pop psichedelico, che a metà degli anni ottanta travolse il mondo del rock’n’roll lasciando dietro sé l’impronta incancellabile degli eventi per i quali c’è un prima e un dopo: le canzoni di “Psychocandy” erano baci al filo spinato, erano le Ronettes violentate dai Velvet Underground, erano Nico persa nel mattatoio dove suonavano gli Einstürzende Neubauten, erano i Beach Boys che avevano rubato gli acidi e le armi a Phil Spector, erano come fare l’amore sul bordo di una lama coi Suicide in sottofondo.

I Jesus And Mary Chain sublimavano così l’intuizione di rendere amabile il caos, e già dalla Just Like Honey programmaticamente messa in apertura spremevano il miele dal rumore. La voce scazzata di Jim Reid rendeva glorioso il disgusto ed eccitante l’alienazione, mentre il fratello William bruciava il candore dei ritornelli col perverso effetto trapano delle chitarre fuzzate. Completavano la folle combriccola il bassista dal tocco dark Douglas Hart (uno che suonava lo strumento con solo due corde perchè di più lo avrebbero confuso..) e il batterista Bobby Gillespie, solo rullante e timpano, che suonava in piedi come Martin Rev e Moe Tucker e che dopo “Psychocandy” lasciò la band per continuare a suonare (e drogarsi) coi Primal Scream.

Scozzesi di East Kilbride, periferia desolata di Glasgow, appassionati tanto del punk quanto dei quarantacinque giri dei group girl soul e rhythm and blues degli anni sessanta, i Jesus And Mary Chain arrivarono a questo album di debutto preceduti da una fama di depravati teppisti del rock’n’roll : spettacoli brevi con le spalle perennemente rivolte al pubblico, dieci-venti minuti di distorsioni e feedback al limite dell’udibile, strumenti distrutti sul palco, scazzottate e tafferugli da concerto, pose strafottenti e dichiarazioni che sgranavano rosari di oltraggi e provocazioni. Ad accorgersi del talento allo speed dei fratelli Reid fu il boss della Creation, Alan McGee, che ne avviò la carriera coi lampi dei primi singoli, a cominciare dalla già citata Just Like Honey, una delle ballate più memorabili di tutti gli anni ottanta, sinossi folgorante della filosofia intorno alla quale ruoterà buona parte di quello che poi verrà chiamato shoegaze, dai My Bloody Valentine in giù. Tenera e appiccicosa, Just Like Honey era una canzone assassina, di quelle che non fanno prigionieri: qualche anno dopo Sofia Coppola la volle per la scena finale del suo Lost In Translation con Bill Murray e Scarlett Johanson, altra fan dichiarata del gruppo.

I Jesus And Mary Chain erano chiaramente la band più cool del momento, erano gli Hell’s Angels del noise-pop: “Psychocandy” si lasciava sedurre dall’occhiolino dalle consuetudini pop e al tempo stesso le faceva saltare in aria in mille pezzi per poi gettarle in una voragine di allucinata e perversa voluttà: spavaldi e ambiziosi, i quattro scozzesi suonavano ostili e insieme celestiali, come nell’incantevole Cut Dead, un leccalecca semiacustico tra Lou Reed e Robyn Hitchcock.Il terrorismo in arte dei fratelli Reid trovava il suo apogeo liberatorio nel ronzio d’oltretomba di  It’s So Hard e In A Hole, mentre Inside Me era depravata come gli Stooges e The Living End pareva arrivare dalla Lower East Side dei Ramones.

Ascoltandolo per la prima volta, qualcuno pensò ad una copia rigata, o che la puntina del giradischi fosse ormai andata. Quelli che lo presero in cassetta corsero a cambiare le pile del walkmen prima di convincersi che i Jesus And Mary Chain stavano davvero facendo surf nel cratere di un vulcano. Distorsioni come se grandinasse (You Trip Me Down) e vanità pop (le splendenti melodie incastrate nel rumore di The Hardest Walk e Sowing Seeds), rabbia e dolcezza, miele e anfetamine e una fede persino romantica nella musica come riparo dal gocciolio sinistro della noia di vivere.

Psychocandy” era il riflesso di una gioventù alienata e ribelle, e ne cantava miserie e splendori. Arroganti e timidi insieme, amati da molti, detestati da altri, i Jesus And Mary Chain erano i Suicide con le chitarre a spasso nel museo della Motown, e con la loro pericolosa innocenza per un po’ riportarono il disordine e il marcio nel rock’n’roll.

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