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Gnod – La Mort Du Sens

2021 - Rocket Recordings
noise punk / psych

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Tracklist

1. Regimental
2. Pink Champagne Blues
3. Whip and the Tongue
4. Town
5. Giro Day


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Gli Gnod sono senza ombra di dubbio una delle realtà più originali, eclettiche e mutevoli del panorama musicale odierno mondiale. Da ogni loro uscita non si sa per davvero mai cosa aspettarsi e lo confermano anche con il nuovo lavoro “La Mort du Sens”.

Band, anzi collettivo prolifico ed impegnato socialmente e politicamente, originario di Salford, cittadina non lontana da Manchester. Gli Gnod hanno da sempre un’attitudine fortemente votata al DIY tanto che qualcuno nel perdurare del loro percorso artistico ha provato ad accostarli da questo punto di vista ai Fugazi e nello scorrere degli ormai quindici anni di carriera hanno sfornato tra dischi, split, EP e collaborazioni, un’infinità di musica e ciò nonostante quasi sempre bisogna dirlo, mantenendo standard qualitativi decisamente alti.

Non fa eccezione “La Mort du Sens”, titolo che a detta della voce del gruppo Paddy Shine “riassume bene la natura del disco, nato tra la confusione imperante, la stessa che ancora governa le nostre vite”. La musica di questo nuovo capitolo è quanto mai aggressiva, dura, cupa e feroce come probabilmente mai in passato, forse l’episodio che si avvicina di più come sonorità e caratteristiche è il bellissimo “Just Say No To The Psycho Right-Wing Capitalist Fascist Industrial Death Machine” del 2017, risultando però ancora più claustrofobica. Un’altra differenza rispetto ad altri lavori precedenti è la durata dell’album molto più contenuta in termini di minutaggio a confronto di altre loro uscite.

“La Mort du Sens” risulta essere sicuramente il disco più noise del collettivo ma all’interno ci sono anche scorie di post-punk, ritmi tribali mefistofelici alla Swans, band alla quale senza ombra di dubbio devono molto e perfino accenni di sludge per l’incedere pachidermico in certi frangenti, tanto da farmi dire che questo sarebbe l’album che mi piacerebbe sentire utopisticamente dai Melvins nel 2021, se però questi fossero una band statica e se si accontentassero di fare ancora lo stesso disco dopo quasi quarant’anni di attività ed una certa età. Ma tornando agli Gnod ed in particolare alla spigolosità del sound proposto in “La Mort du Sens”, questo aspetto fa sì che venga fuori un po’ meno la loro forte vena sperimentale come nella recente interessantissima collaborazione etnico-tribale con il batterista portoghese Joao Pais Filipe, o quella electro-industriale di “Infinity Machine” del 2015, forse la loro vetta in termini di creatività, quella più space kraut rock soprattutto degli esordi ma pur sempre presente come influenza, quella drone prettamente rumoristica e perfino quella psichedelica in parte.

La tensione è subito palpabile con l’iniziale tesa, ansiogena e marziale Regimental che suona come un meticcio tra la band di Michael Gira e quella di King Buzzo e che evoca subito la sensazione di mancanza di fiato, la seconda traccia invece, la veloce Pink Champagne Blues suona tanto post-punk quanto noise, ma con The Whip And The Tongue si torna nei territori oscuri dell’anima e non solo, tanto cari agli Swans, il tutto impreziosito come in altri episodi di loro album in passato dall’aggiunta del sax. Stessa cosa accade in Town che sembra la prosecuzione della prima traccia e ne mantiene le medesime caratteristiche peculiari ed ipnotiche.

Chiude questo concentrato di schizofrenia Giro Day, la traccia più lunga del disco che inizia con un mantra per poi dipanarsi in un vortice rumoroso e violento di noise psichedelico, disturbante e martellante che poi forse è il termine migliore per definire questo ennesimo capitolo tormentato all’interno della discografia di quel magnifico e trasformista “mostro” sonoro, chiamato Gnod.

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