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Interviste

In viaggio, senza confini: intervista ai Messa

Foto: Federico Floriani

Abbiamo incontrato i Messa, tornati lo scorso mese con il nuovo album “Close” (qui la nostra recensione), firmato Svart Records. Per la band veneta un salto di qualità notevole, in un disco complesso che unisce atmosfere e sonorità diverse, dall’heavy rock al jazz, passando per la psichedelia e il doom, e che si candida senza troppi indugi ad essere uno dei dischi dell’anno, non solo tra i confini italiani.

Ciao ragazzi, bentornati. Come ci si sente ad essere fuori con un nuovo disco, una nuova label (la Svart Records) e la possibilità finalmente di ritornare a suonare dal vivo?

Alberto: E’ sicuramente elettrizzante e ci permette di guardare, almeno per un po’, il futuro con fiducia

Come si è evoluta la band dal precedente “Feast For Water”? L´impressione è che abbiate intrapreso nuove strade espressive e approfondito l’uso di strumenti meno classicamente rock.

A: Abbiamo fin da subito voluto percorrere una strada diversa da quella che avevamo già battuto.

Sara: Ci piace mettere degli elementi di contrasto all’interno dei nostri brani. Nel disco precedente avevamo puntato sul piano Rhodes, ma con ‘Close’ non volevamo ripeterci. Abbiamo cercato ispirazione nella tradizione musicale che ci accompagna come mediterranei. Una delle sfide è stato proprio inserire questi strumenti acustici tipicamente non-metal nelle canzoni.

Close” è per molti versi un disco stupefacente, siete riusciti ad amalgamare le diverse influenze già presenti in passato, ad altre ancora più varie. Alcune atmosfere mi hanno ricordato addirittura certi Dead Can Dance. Quanto di quello che è uscito è stato frutto di una precisa intenzione e quanto invece nasce dal puro istinto?

S: Siamo lusingati dalle tue parole. Diciamo che nei Messa non c’è nulla a caso, ma ci piace anche lasciare spazio all’improvvisazione – in particolare dal vivo. Abbiamo speso davvero tanto tempo in sala prove tutti assieme per creare e arrangiare i brani, è servito per raggiungere il risultato che volevamo. ‘Close’ è la diretta emanazione del nostro desiderio di fuggire verso mete lontane, uno degli obiettivi che ci siamo posti era il far viaggiare l’ascoltatore.

Mark: Nel 2019 io e Sara abbiamo assistito ad un concerto dei Dead Can Dance che ci ha davvero appassionato e scioccato per la sua perfezione. È stato di fondamentale ispirazione per alcuni brani come ‘Orphalese’.

Come nasce un brano dei Messa?

M: Alcune idee per questo disco sono state sviluppate nelle nostre case in autonomia, per ovvie ragioni legate al periodo storico che stavamo vivendo. Ma non appena ne avevamo l’occasione scappavamo in sala prove per provare per ore tutti assieme. Di solito una canzone dei Messa nasce con delle idee di riff scritti da me o Alberto. Poi lavoriamo tutti e quattro sulla struttura del pezzo, iniziamo ad argomentarlo e capire dove vogliamo andare. A quel punto di solito arriva anche il turno della voce, e poi arrangiamo la canzone nella sua forma finale. Non nego che ci vuole molto tempo, ci è capitato spesso di tornare al lavoro su brani che consideravamo già conclusi

Il disco è pieno di contrasti, con momenti delicati, con assoli jazz che si alternano ed altre parti decisamente più pesanti che in passato (mi vengono in mente alcuni brani in cui compaiono addirittura dei blast beat). Da dove nasce questa anima più estrema?

M: Siamo persone molto diverse, ma tutti quanti apprezziamo la musica estrema per la sua oscurità e intensità. Dischi come ‘Transilvanian Hunger’ (Darkthrone) o ‘Dommedagsnatt’ (Thorr’s Hammer) restano sempre in cima agli ascolti. Ognuno di noi mette qualcosa di proprio all’interno dei pezzi, in questo caso l’anima black metal appartiene più di tutti a Rocco, il batterista.

Sin dalla copertina è chiaro che la cultura medio-orientale ha avuto un ruolo importante sia nel suono che nel concept stesso di “Close”, cosa evidentissima dal bellissimo video di Pilgrim. Parlateci della sua realizzazione e dell´’aspetto visivo di “Close”.

M: Approfondire visivamente questo rituale raffigurato nella copertina di ‘Close’ è stato spontaneo. Questa danza chiamata ‘Nakh’ è tipica della zona tra Algeria e Tunisia, e prevede dei movimenti ripetuti che si effettuano anche con i capelli. Abbiamo pensato immediatamente alle analogie che il Nakh ha con l’headbanging, ed è stato naturale inserire questa danza anche nel video di ‘Pilgrim’. Abbiamo girato in Francia, alla Dune Du Pilat – la duna di sabbia più grande di tutta Europa. Ci siamo avvalsi della collaborazione di Saadia Souyah, ballerina e coreografa specializzata in danze tradizionali dell’Africa. Lei e la sua crew di danzatrici sono state fondamentali per poter raggiungere il risultato visivo che ci eravamo prefissati.

Il vostro suono è un mix estremamente originale di contrasti sonori, quali sono le vostre influenze maggiori?

S: Alcuni dei nomi più citati durante le varie fasi di composizione e registrazione del disco sono stati Beatles, Dead Can Dance, Killing Joke, Swans.

A: Anche la Musica Araba e il Flamenco sono stati fondamentali per ‘Close’. Un disco che ha avuto molto impatto su di me, per esempio, è stato ‘Zyryab’ di Paco de Lucia. Artisti come Paco Peña, Lole Y Manuel, Simon Shaheen sono stati fonte di ispirazione, così come i lavori con l’Orchestra Egiziana di Page/Plant. Un disco che ha davvero lasciato un marchio su ‘Close’ è stato ‘Eastern Flowers’ di Sven Wunder.

La produzione è leggermente meno estrema ma risulta ancora più dinamica e calda, dal carattere molto organico. Quanto tempo avete impiegato nel trovare il giusto suono?

M: Risposta sincera: infinite ore. Sia in sala prove che a casa.

Come pensate di riuscire a riprodurre dal vivo tutte le varie sfumature di Close?

S: Di sicuro è una bella sfida! Durante queste prime date stiamo iniziando ad affrontarla. Abbiamo pensato a due set differenti, quello che presenteremo più spesso sarà la versione più rock e diretta. Siamo fortunati perchè ci possiamo avvalere dell’aiuto di altri musicisti di cui abbiamo molta stima, i quali ci aiuteranno per le occasioni con un set speciale come per esempio il Roadburn – festival in cui suoneremo ad Aprile.

Come nasce la collaborazione con Svart Records?

M: Siamo entrati in contatto con Svart mentre stavamo scrivendo “Close”. L’interesse è stato reciproco e da qui è nata la collaborazione. Siamo felici di far parte del loro roster, finora ci stiamo trovando davvero bene. Siamo prima di tutti dei fan di questa etichetta, per la qualità e la varietà delle proposte musicali che offrono.

Quali sono i piani per l´immediato futuro?

S: Prossimamente saremo impegnati in un tour europeo di 3 settimane che inizierà ad Aprile. Per quanto riguarda il suolo italiano invece abbiamo cominciato a fare le prime date, con grande emozione. La risposta finora è stata molto calorosa.

Grazie mille per la disponibilità, complimenti ancora per il nuovo lavoro e spero di vedervi presto in giro (e anche qua nel nord Europa)!

Grazie a te!






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