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Baby Fire – Grace

2022 - Off
post punk

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Tracklist

1. A Spell
2. Fleur de feu
3. Love
4. This Is A Love Song
5. Grace
6. Dance!
7. Prayer
8. Sing In Brightness
9. Like William Blake
10. Eternal (feat. Laetitia Sheriff)


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Sovente accade di poggiare l’orecchio su progetti musicali che al primo ascolto possono lasciare attoniti. In quel momento l’ascoltatore rimane incredulo, cerca di metabolizzare e di ritrovare le coordinate nel mezzo di un fugace dissesto. Eppure, un attimo dopo può capitare di innamorarsi – perdutamente alle volte – e di accogliere la scoperta a braccia aperte.

È questo il caso delle Baby Fire, gruppo post-punk belga che si definisce portavoce di un modus musicandi passionale, tormentato, potente e raffinato. Ogni loro lavoro è un concentrato di tempesta e impeto, che appesantisce, scava e strugge l’anima, in una sorta di perversa catarsi sonora. E non fa eccezione l’ultimo album, “Grace” (2022, Off), che anzi porta tutto questo sturm und drang alle estreme conseguenze.

In questa impresa le Baby Fire sono coadiuvate da una serie di collaboratori di grande spessore, ossia l’art-rocker francese Laetitia Sheriff (Eternal), Mike Moya dei Godspeed You! Black Emperor (Grace) e due leggende del punk come Eve Libertine (Crass) e G.W. Sok (ex-The Ex, Oiseaux-Tempête), entrambi presenti nella traccia Love. Essi si incastrano perfettamente nell’alchimia di “Grace”, contribuendo a costruirne l’identità, e ognuno con il suo personale approccio arricchisce il travolgente processo creativo del trio.

Più si procede nell’ascolto, più viene a crearsi un’asfissia dai contorni epici e mistici. La lentezza e la maestosità dei brani suscitano una piacevole claustrofobia, da cui paradossalmente non si vuole scappare, anzi preme il desiderio di scendere sempre più in profondità. Forse perché si viene soggiogati dalle formule magiche di A Spell o dai ritmi orgiastici di Dance!, dai synth di Prayer o dai riff di This Is a Love Song, liberarsi è impossibile. Tutti i brani assieme intessono una rete di sonorità che spaziano dal post-rock all’heavy metal, dal post-punk al noise, e tutti sono caratterizzati da un cantato che ricorda in alcuni momenti le voci di Siouxsie Sioux, PJ Harvey e Florence Welch.

Insomma, “Grace” è un disco che gioca molto sul mantenere altissima la tensione dell’ascoltatore, per testarne l’elasticità dell’anima e il suo punto di rottura. Ma non preoccupatevi: alla fine ne uscirete corroborati.

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