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Minipony – AJNA

2022 - Subsound Records
extreme metal / progressive metal / experimental

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Tracklist

1. •
2. IRRESPONSABLE
3. KILL LIKE A HUMAN
4. QUAGGAS
5. FILIPPO’S LULLABY
6. BREATHE
7. ••
8. SONG FOR FIONA
9. DON 18
10. SHADOW
11. •••
12. AJNA


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Cominciamo con un po’ di ovvietà: mai giudicare una band dal monicker che si è scelta. Anzi, più un nome sembrerà innocuo più aspettatevi il delirio più assoluto e inconcepibile. Ed eccoci ai Minipony. Non volano da nessuna cazzo di parte, questi Minipony, semmai la loro è una discesa nell’Averno, dolorosa, mortifera, oscura come il buco del culo di un demone.

Emilia Moncayo, Amadeus Galiano e Carlos Sanchez non scelgono affatto a caso il Silver Cord Studio di Joe Duplantier dei Gojira per dare vita al loro secondo, diabolico figliolo, perché di quelle sonorità scombinate si nutrono, come mostri che viaggiano al di fuori del Sistema Solare desiderosi di lasciarsi dietro un gran casino, forti delle loro dimensioni gargantuesche, come i suoni che scaturiscono e si fanno strada in queste dodici, faticose, composizioni.

Al fil di lama si viene passati anzitutto dalla voce di Moncayo, le cui inflessioni sanno di insano e oltre i limiti di guardia. Grida abissali che prendono di mira gli esseri umani e le loro ipocrisie, un’ugola che ribolle magma e fa sentire scomodi, se si è seduti su una sedia ad ascoltare “AJNA”. L’agglomerato di virulenza elettrica è in continua espansione, come un universo a se stante e con le proprie regole, regole che trascendono il concetto di metal estremo e ne succhiano la linfa (anti)vitale per creare un monolite che sfoggia tempi obliqui che diradano la sanità mentale su cui si abbatte una chitarra droppata nell’oscurità a lambire il furore della voce e a farne trampolino di lancio in un assalto senza fine. Si finisce falciati dagli strappi temporali, da melodie che sanno di malessere e da insurrezioni ritmiche che paiono figlie oscene di un sabba e malinconici atti di disperazione rivestiti di un metallo a noi sconosciuto (Filippo’s Lullaby in ricordo del batterista Filippo Brandrimarte, prematuramente scomparso qualche anno fa), un materiale che non si raffredda mai, lasciandoci a rosolare alla luce di stelle che esplodono di continuo, come una reazione a catena feroce e inarrestabile.

C’era un vuoto dopo la fine dei Crisis. Ora non c’è più.

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