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Josephine Foster – Domestic Sphere

2023 - Fire Records
folk / sperimentale

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Tracklist

1. Entrance
2. Pendulum
3. Dawn of Time
4. Burnt Offering
5. Entr’acte
6. Gentlemen & Ladies
7. Shrine Excerpt
8. Birthday Song For The Dead
9. Reminiscence
10. Haunted House
11. Sanctuary


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Un immaginario vasto, quello di Josephine Foster, sebbene apparentemente confinato tra le mura di casa come suggerirebbe il titolo del suo ultimo album, “Domestic Sphere”.

È inevitabile, a questo proposito, pensare ad Emily Dickinson, che trascorse buona parte della sua vita tra la casa paterna ed il proprio giardino, senza mai allontanarsene, e si spense a soli 56 anni dopo gli ultimi decenni vissuti in consapevole solitudine e ritiro, ma scrisse oltre 1500 liriche di estrema profondità. Ma le analogie della cantautrice con la più grande poetessa americana non si limitano a ciò che il titolo del disco lascerebbe intuire. I testi del full-length, infatti, constano di frasi brevi, scarne, essenziali, con sostantivi per lo più monosillabi, e le tematiche ricorrenti sono l’amore, la lontananza, lo scorrere del tempo, il lutto, il rapporto con la divinità e l’aldilà, in perfetta sintonia con l’universo poetico dell’autrice di Amherst. Ed anche ad uno sguardo distratto non può sfuggire la somiglianza, persino nell’aspetto fisico, tra Josephine ed Emily: capelli lunghi e lisci, raccolti sulla nuca e un abbigliamento austero, senza fronzoli e orpelli, da gentildonna di campagna, sono caratteristiche che le accomunano, nonostante i centocinquant’anni che separano le loro biografie. 

Ma quello tra la musicista e la poetessa è, in realtà, un rapporto privilegiato, quasi un sodalizio, oltre che un’affinità elettiva. Originaria del Colorado, Forster, dopo aver effettuato studi musicali classici, ha intrapreso un’apprezzatissima, ultraventennale carriera cantautorale nella quale ha spaziato in molteplici direzioni, dal psych-folk alla rivisitazione dei Lieder ottocenteschi e – appunto – al confronto con la produzione di Dickinson, della quale ha musicato 27 componimenti nell’album “Graphic As A Star” del 2009, nel contempo legandosi all’etichetta Fire Records, con la quale ha realizzato tutti i suoi ultimi lavori. Caratteristiche peculiari del suo stile e della sua scrittura sono il minimalismo dei testi e l’utilizzo di una voce duttile, che si fa di volta in volta operatica, sussurrata, salmodiata o ossessiva come un mantra. 

Domestic Sphere” ha una forma “circolare”, dato che la prima traccia e l’ultima contengono la stessa frase di chitarra. Ascoltandolo si ha la sensazione di percorrere un sentiero ad anello, magari intorno alla casetta di sassi che campeggia nell’arido paesaggio raffigurato in copertina, e di sbirciare attraverso la sua unica finestrella, mentre ogni passo ci permette addentarci sempre più nei meandri dell’interiorità dell’io lirico e nella sua “dimensione domestica” fatta di quotidianità e di memoria. Tutti i brani sono eseguiti dalla sola Foster, accompagnata dalla sua fida sei corde, ma lo strumento principe è la voce, utilizzata in una gamma di tonalità e di frequenze insolite, a volte carezzevoli, altrove evocative e a tratti inquietanti, quasi a suggerire la presenza di spiriti o a voler comunicare con i defunti.

L’impressione è quella che tutto il lavoro sia il tentativo di rielaborare un lutto, tanti e tali sono i riferimenti alla perdita, alla mancanza, al ricordo di chi non c’è più; spesso la reminiscenza si fa persistente presenza, come l’abitazione si popolasse di fantasmi. I riferimenti alla caducità, alla morte e alla dimensione ultraterrena pervadono molti dei testi, in modo quasi ossessivo: dalla ripetizione del participio “gone” in Pendulum all’immagine del naufragio e dell’annegamento in Burnt Offering, alla commovente Birthday Song For The Dead – compianto per un bimbo scomparso – fino a Haunted House, in cui la “casa infestata” è metafora di un’esistenza consapevole di quanto ogni cosa terrena sia vana ed effimera. In Reminiscence, invece, è presente un frammento, risalente al 1970, della romanza “Musica Proibita” cantata dalla bisnonna di Josephine, Filomena Maltese, di origine napoletana. Oltre a rappresentare un omaggio all’Italia, la registrazione – che a tratti si sovrappone alla voce della cantautrice che per tutta la durata del brano ripete “do you remember the time?”– è come se provenisse direttamente dall’aldilà. Foster è, dunque, una medium che trasmette messaggi provenienti dal suo mondo interiore, ma anche quelli che giungono dal regno delle ombre e canalizza persino le voci dell’esterno, facendosi accompagnare dal vento, dagli uccelli canori, dalle porte che scricchiolano; tutto l’album è una seduta spiritica che consente di riportare in vita chi è venuto a mancare.

A rafforzare la dimensione privata di “Domestic Sphere” concorre poi l’utilizzo di registrazioni ambientali – rumori di passi, il pianto di un bambino, l’accensione di un fiammifero, il frinire dei grilli, il cinguettio degli uccelli, il passaggio di una mandria – in tracce che fungono da brevi interludi, della durata di poco più di un minuto, inserite tra brani di durata maggiore. L’apparente limitazione della “sfera domestica”, come fu per Dickinson, diviene in realtà l’occasione per rendere sacro e denso di significato ogni semplice gesto della vita quotidiana. Alla poetessa, poi, si fa esplicito riferimento in Shrine Excerpt, in cui il suo verso “only a shrine, but mine” viene citato al termine di un breve strumentale di organo, registrato in presa diretta a Glasgow. Altre registrazioni, realizzate tra il 2021 e il 2022, provengono dai “vagabondaggi” dell’artista in Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti, in particolare a La Janda, la vallata dove la cantautrice si reca abitualmente a meditare. 

Domestic Sphere” è un disco estremamente intimo, personale, che ci fa entrare in punta di piedi nell’universo privato di Josephine Foster. Per avervi accesso dovremo bussare alla sua porta, chiedere permesso o accontentarci di guardare attraverso una finestra, con discrezione e timore reverenziale, senza disturbare le presenze che vi aleggiano. L’ascolto è un’esperienza trascendente, che ci mette in contatto con la parte più profonda dell’arte della songwriter – e con noi stessi. 

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