Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Fiddlehead – Death is Nothing to Us

2023 - Run For Cover
emocore / post punk

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. The Deathlife
2. Sleepyhead
3. Loserman
4. True Hardcore (II) (feat. Justice Tripp)
5. Welcome to the Situation
6. Sullenboy
7. Give It Time (II)
8. Queen of Limerick
9. The Woes
10. Fiddleheads
11. Fifteen to Infinity
12. Going to Die


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Il titolo del disco del ritorno in studio dei Fiddlehead da Boston è sprezzante. “Death is Nothing to Us”, infatti, potrebbe appartenere ad una band molto più tamarra, o comunque più oscura rispetto alla formazione dei cinque genietti che in meno di dieci anni hanno rivoluzionato in positivo il modo di suonare post hardcore in America. E invece no, è sprezzante e reazionario. Quindi lo voglio essere anch’io. I Fiddlehead abbandonano totalmente anche quel poco di –core che era rimasto nei loro brani, per dedicarsi anima e corpo ad un emo-sciacquetta annoiato, che ci riporta ai peggiori Thursday e ai peggiori modi di indossare borchie e polsini. 

Eppure, analizzando passo dopo passo “Death is Nothing to Us”, non si inizia così male. The Deathlife è molto At the Drive-in, potremmo affermare: slanciata, aggressiva e ritmata. Con la successiva Sleepyhead, però, cambiamo nettamente rotta, ed il piatto inizia ad essere indigesto. True Hardcore (II) è tutta, noiosamente, impostata sull’accavallarsi dei doppi cori sul cantato, e solamente Welcome to the Situation ci riporta, seppur troppo brevemente, ai fasti dei precedenti dischi della band, “Between the Richness” su tutti. Give it Time (II) rimane un breve ed isolato excursus emo alla Deep Elm, mentre Fifteen to Infinity, scelta come secondo singolo di lancio del disco, è una manciata di convenevoli troppo fine a sé stessa.

Rimanendo ancora accasati (nonostante gli inizi, con un favoloso EP, per la tamarrissima Lockin’ Out), alla Run For Cover Records, i Fiddlehead credo possano arrivare a deludere, con questo “Death is Nothing to Us”, persino le aspettative dei fan più fedeli alla loro linea di approccio alla musica molto Hot Water Music, sperimentale, canottara, accattivante, sudaticcia. Quella degli inizi, sì, va bene, ma anche quella che ha saputo cavalcare l’ondata new school americana degli ultimi cinque anni senza affondare. Il singolo che ha ne ha preceduto l’uscita, Sullenboy, non faceva presagire nulla di buono, ma ascoltando attentamente l’album per intero, senza soste, come si faceva una volta, non posso che arrivare a questa conclusione.

E ripeto, mi dispiace molto. 

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni