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Flooding – Silhouette Machine

2023 - Manor Records / The Ghost Is Clear Records
post-hc / noise / slowcore

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Tracklist

1. Run
2. Muzzle
3. Monolith Girl
4. Slit
5. Interlude (The Dying Swan)
6. Transept Exit
7. Silver Gilt
8. Negative Space


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Difficile provare a catalogare ed inscatolare il suono dei Flooding in un genere preciso, e nonostante provi sempre a classificare più o meno quello di cui parlo o scrivo in materia musicale, questo anche per semplificare o per chiarire in che ambito più o meno ci si ritrovi, devo dire che quando mi imbatto nell’ascolto di un disco con un suono tendenzialmente “indefinito” o comunque talmente ricco di contaminazioni, come nel caso di “Silhouette Machine” dei Flooding, provo un certo senso di godimento, ovviamente se il risultato è degno di attenzione. Ed è questo il caso. Nonostante le coordinate siano comunque chiare – tra queste spiccano lo slowcore, il “post” in tutte le sue declinazioni rock, hc, metal ed il noise – quello che mi ha sorpreso maggiormente è come i Flooding hanno mescolato il tutto in maniera credibile ed incisiva seppur la loro giovanissima età.

Silhouette Machine” non è il primo lavoro del trio della ricca e sfaccettata scena musicale di Kansas City, in verità è il secondo, ma rispetto all’esordio, comunque buono ma meno nervoso e più centrato prettamente su sonorità distese e slowcore, questo lavoro risulta essere sicuramente più ricercato ed equilibrato nonostante le differenti sfaccettature che lo compongono. È inoltre più rumoroso ed audace, insomma un ottimo biglietto da visita per una giovane band.

Le bacchette del batterista che dà il tempo aprono il disco che parte subito forte con distorsioni dissonanti e tempi decisamente in battere, ma è solo un attimo perché si faccia strada un arpeggio di chitarra sinistro ma allo stesso tempo malinconico, molto sonnacchioso nell’incedere e slowcore alla Codeine, che apre la strofa di Run. Soprattutto poi parte l’ottima voce di Rose Brown, voce e chitarra dei Flooding, che sembra delicata ed innocente, e dico sembra perché basta arrivare al “ritornello” per sentire l’ugola della giovane Rose virare verso urla strazianti su di un tappeto rumoroso post-hc e noise. La seconda traccia, Muzzle, è uno dei brani più riusciti, che parte anche in questo caso apparentemente più calmo, per poi trasformarsi in un pezzo post-hc che per il climax raggiunto a livello di atmosfere mi ha ricordato vagamente i migliori Isis. La coda poi sconfina in territori noise, con un mini assolo “storto” che rende il tutto ancora più malato. Nella breve e feroce Monolith Girl invece non si ripete questo canovaccio ed i tre pestano dall’inizio alla fine senza sosta. Segue Slit dove si ritorna alla formula vincente dei precedenti ed iniziali brani, seppur sempre con un retrogusto sinistro, che si sente anche nel cantato di Rose, davvero molto brava a trasmettere quel senso di inquietudine e mestizia che spesso convivono nel sound dei Flooding. Slit è un brano che gioca con la ripetitività lenta e circolare della chitarra per poi infrangersi contro muri drone-noise d’effetto, ma che ad un certo punto si sgretolano per tornare alle atmosfere iniziali del pezzo.

Alternanza di quiete e tempesta, descriverei così in poche parole ed in maniera semplicistica la musica dei Flooding. Quiete (si fa per dire) quasi trascendentale che si avverte ad esempio nell’andamento delicato di Interlude (The Dying Swan), posizionato a metà lavoro per dare forse respiro, un brano tra post-rock e slowcore ma mixati con influenze e suoni dark ambient più uno spoken-word disturbato e registrato di base, e soprattutto con un uso interessantissimo e veramente lodevole della voce della cantante chitarrista, che usa la stessa come un vero strumento aggiunto ed in modo abile e sofisticato, quasi come un sax in lontananza.

Non si spingono in territori avantgarde o ricercati i Flooding, come l’ultima prova degli Sprain ad esempio, ma prendono il meglio da un glorioso e ampio sottobosco underground americano tipicamente anni 80/90 plasmandolo a modo loro, dimostrando così già una notevole personalità, quella che band che suonano da molti più anni e con molta più esperienza non hanno ancora nemmeno minimamente raggiunto.

Silhouette Machine” è un lavoro viscerale ed al tempo stesso introspettivo, che pare voglia trafiggerti dentro come una lama ma senza accorgertene, come la voce stessa di Rose mai in primo piano e sempre in lontananza ma comunque allo stesso tempo presente come lo può essere un’ombra. In Transept Exit si ha un evidente spettro delle tante sfaccettature vocali della cantante: qui mi fermo per fare una piccola parentesi doverosa per elogiare come si deve la voce di questa ragazza molt comunicativa, un po’ come Robin Wattie dei Big Brave o come Julie Christmas per fare due paragoni importanti, versatile perché capace di passare per svariati registri risultando sempre molto efficace. Più contenuta e lineare risulta essere Silver Gilt, con il fantasma degli Unwound sullo sfondo, per poi chiudere con l’intensissima e sofferta Negative Space che mi ha ricordato in parte gli altrettanto ottimi seppur sottovalutati Kowloon Walled City.

Non ci resta che aspettare i Flooding alla fatidica ed impegnativa prova del terzo disco, e per quanto mi riguarda le aspettative saranno alte, ma al momento mi sento di dire con certezza che le premesse sono assolutamente buone ed il futuro roseo per questi tre giovani ragazzi di Kansas City.

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