1. Desolation’s Flower
2. Woe
3. Ruins
4. DTA
5. Winter’s Light pt. 2
6. Pain
7. In the Light of the Burning World
Le Ragana sono attive dal 2011, eppure fino ad oggi non le avevamo mai prese granché in considerazione in Europa, dopo 3 dischi autoprodotti e uno split con Thou. Qualcosa evidentemente è cambiato con “Desolation’s Flower”, anche attraverso la produzione di The Flenser, etichetta di San Francisco nota per produrre diversa musica nell’intorno dell’alternative metal come gli Have a Nice Life o i Panopticon. E meno male: Maria Stocke e Nicole Kurmina Gilson portano in sala di registrazione un modo inconsueto e davvero incisivo di suonare black metal.
Partiamo dalle definizioni: le Ragana si definiscono “queer e antifasciste”, e già questo per una band black metal è un bel punto di rottura. Di fatto non le si può contestare una fluidità assoluta, almeno a livello musicale, visto che Maria e Nicole sono perfettamente interscambiabili tra chitarra e batteria, tanto da distinguersi a fatica nelle registrazioni. Ragana nelle lingue baltiche è una figura mitologica, una sorta di signora delle streghe, e i loro testi pullulano di riferimenti mistici e occulti, dove non sfociano nell’attualità politica. Streghe gay pro-aborto, direbbe Homer Simpson per convincere Flanders a (non) ascoltarle.
Al di là degli intenti, la parte davvero speciale sta nella musica. Desolation’s Flower comincia più come un pezzo dei Low che come uno dei Mayhem o dei Candlemass, con un elementare e cupissimo arpeggio che fa da preludio all’ingresso vocale di Nicole; il pezzo poi nella sua evoluzione in 8 minuti e mezzo tende progressivamente a incresparsi dopo il cigolìo iniziale, come un bel pezzo post-rock. Woe e Ruins suonano altrettanto interessanti, per questa abilità nel suonare vivaci su frequenze sempre sotto i 60 bpm.
DTA è un pezzo diverso rispetto ai precedenti rappresentando la quota antifascista del loro racconto. “DTA” sta per Death to America e il cantato di Maria inizialmente si fa più sottile, quasi indie rock, prima di esplodere tra voci e grida di manifestanti al salmo “Death to America and Everything you’ve done / I can’t feel anything, I’m numb“. Si torna black a livello quasi tradizionale con Winter’s Light pt.2, per poi arrivare col penultimo pezzo alla perla del disco: Pain, la canzone più sentimentale, orecchiabile e cupa al tempo stesso tra il cantato di Maria per una volta completamente morbido e le sue pesanti distorsioni alternate al suono pulito. In the Light of the Burning World chiude un po’ il cerchio ricordando anche stavolta i primi Low nella gelida atmosfera delle strofe.
Ragana suona decisamente come qualcosa di “diverso”: diverso dalla scena metal e dal concetto di musica alternativa che abbiamo. Con “Desolation’s Flower” hanno centrato un ottimo disco, che permette loro di presentarsi con un bel biglietto da visita un po’ ovunque.