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Chemtrails – The Joy of Sects

2024 - PNKSLM Recordings
garage pop

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Tracklist

1. Detritus Andronicus
2. Bang Bang
3. Business Class War Paint
4. Sycophant's Paradise
5. Mushroom Cloud Nine
6. Join Our Death Cult
7. Pink Whale
8. Superhuman Superhighway
9. Apocalypstick
10. (Post-Apocalypstick)
11. Endless Stream of the Bizarre


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Se ne parlava giusto un paio di settimane fa dell’attitudine degli Sprints di introdurre il pop in strutture di definizione e fattura punk, con il risultato di riportare all’attenzione un certo rock tipicamente mainstream che da un po’ mancava nei nostri ascolti. Bene, anche i Chemtrails, seppur da un’angolazione differente, partono da questa idea, che è poi la più vecchia del mondo, ma chissà perché di questi tempi riesce a stupire. Se gli irlandesi però navigano in acque mosse dal retrogusto post-punk e grunge (e la portano a casa alla grande), la band di Manchester, giunta alla terza prova in studio con “The Joy of Sects“, galleggia placidamente in un mare piatto di garage pop, che riporta alla mente il revival di gente come Los Campesinos, The Vaccines e via dicendo.

Non sono certo ce ne fosse poi tutto questo gran bisogno, come non sono del tutto convinto del concept che sta dietro la realizzazione del disco, ovvero una raccolta di canzoni per un fantomatico scenario post-apocalittico dai colori sgargianti (“Frantic post-garage-punk worship songs for a post-apocalyptic world” dicono loro, e vabbè). Sta di fatto però che il disco, pur se desolantemente inoffensivo, comunque fila via bene, regalando momenti di fuzz punk e psych rock di buona fattura (Superhuman Superhighway, Sycophant’s Paradise, Join Our Death Cult) e altri di puro glam rock (Bang Bang, Endless Stream of the Bizarre) che fanno vacillare ogni convinzione sull’effettiva morte del genere. La voce di Mia Lust forse per alcuni sarà troppo zuccherosa, pure mentre lancia fendenti di agrodolce critica sociale, ma è sempre sul pezzo e il suo pregio migliore, in un disco che non vuole urlare ma piuttosto regalare una quarantina di minuti di chill e di evasione dalle storture del mondo, è quello di restare sulle sue senza provare a sovrastare alcunché.

Chissà se questa cosa del pop nel punk e viceversa diverrà una tendenza, certo è che alla fine di questo “The Joy of Sects” rimane un po’ quella sensazione di spaesamento che è più un “ma per di qua non ci siamo già passati?” che un “wow” convinto.

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