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Tiger! Shit! Tiger! Tiger! – Bloom

2024 - To Lose La Track / Coypu
post punk / grunge

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Tracklist

1. Memory
2. Stones
3. Dark Age / Dark Thoughts
4. Endless
5. Empty Pool
6. In Between
7. Blanket
8. Hands Down
9. Afterwards
10. Melting Forest


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Il proverbio dice che si nasce incendiari per morire pompieri. È un po’ quello che mi è venuto in mente ascoltando “Bloom”, quarto disco dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, a ben sette anni di distanza dal precedente “Corners”. Sette anni sono tanti, specialmente in un’epoca in cui sembra che la storia abbia iniziato ad accelerare vertiginosamente. Ripensatevi a come eravate sette anni fa, a che forma aveva la vostra vita nel febbraio del 2017. Sconvolgente constatare quante cose siano cambiate, vero? Io, ad esempio, ero solo remotamente consapevole dell’esistenza dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, ed oggi mi ritrovo qui a recensire la loro nuova uscita.

Ma non sono solo io (o voi) ad essere cambiato. Lo stesso è accaduto anche al trio umbro. Per rendersene conto basta confrontare Crime Wave, traccia d’apertura del loro disco d’esordio “Be Yr Own Shit”, con Memory, posta in apertura al qui presente disco. La differenza è innegabile. Da un lato abbiamo uno sguaiato chitarristico assalto all’arma bianca, una contestazione disorganizzata e appariscente con riff che saltano da una parte all’altra, dall’altro c’è fermezza e introspezione, uno sguardo meditabondo e riflessivo che vaga per la stanza mentre le punte degli indici si toccano davanti alla bocca. Fin dai primi istanti di “Bloom” si percepisce come i Tiger! Shit! Tiger! Tiger! abbiano abbandonato la genuina sgangheratezza degli esordi – un progressivo allontanamento già percepibile dal disco precedente – per abbracciare un’adulta ponderatezza solo apparentemente inconciliabile con i loro esplosivi esordi.

Le gelide sferzate dei The Cure e la disperata rocciosità dei Nirvana rimodellano le asperità intransigenti della giovinezza in qualcosa di più rotondo, smussato ma anche profondo, uno sguardo che non si ferma più alla superficie ma che è anzi capace di penetrare la realtà, un mondo interiore che non è più urlato sguaiatamente ma contemplato con attenzione. Il risultato è un disco da ascoltare non più dimenandosi sotto un palco ma piuttosto sdraiati su un letto, in lenta contemplazione delle sensazioni che questo disco porta a riva come fa il mare con i relitti.

Nati incendiari, appunto, per morire pompieri. Ma nel ricorrere a questo adagio si tende a ignorare l’importanza che entrambi i ruoli hanno nel ciclo delle cose. Da incendiari si appicca il fuoco, da pompieri lo si spegne. Ma è dalle ceneri di queste fiamme che qualcosa può nascere e sbocciare. Questo sembra essere il destino di questo “Bloom”: preannunciare una fioritura per i nostri Tiger! Shit! Tiger! Tiger!.

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