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Lord – Desperation Finds Hunger In All Man

2018 - Heavy Hound Records
sludge metal

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Tracklist

1. No Sunrise On The Third
2. Scorched
3. Nature Knows No Kings
4. At First I Didn’t Believe It
5. Le Fleur Du Cobalt
6. August 11, 2017
7. Whispering Snakes
8. Mutilation Rights
9. Have A Look For Yourself
10. This Lonesome Linger


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A quanto pare dopo “Desperation Finds Hunger In All Men” non avremo più il piacere di ascoltare nuova musica da parte dei Lord. La band della Virginia ci saluta dopo appena quattro album e lo fa nella maniera più imponente possibile, con una raccolta di dieci brani dal minutaggio sterminato come le coltivazioni di tabacco della loro natale.

Una lettera d’addio bella corposa nella quale i nostri provano a infilare un po’ tutti gli ingredienti tipici del loro robusto sludge; peccato solo che la voglia di stupire non corrisponda a un risultato degno delle aspettative dei nostri cinque simpatici amici. Ci ritroviamo così per le mani un polpettone metal davvero difficile da digerire; esattamente il contrario di ciò che probabilmente i Lord avrebbero voluto, ovvero il sigillo definitivo su una carriera votata alla ricerca costante di un suono tanto pesante quanto dinamico ed estremamente contaminato.

Il desiderio di mettere in mostra le innumerevoli influenze che lo hanno forgiato si rivela quindi un’arma a doppio taglio. I brani sono eccessivamente lunghi e confusionari, farciti di trovate a effetto e cambi di marcia che invece di sorprendere, il più delle volte, annoiano: i dieci minuti dell’epica Le Fleur Du Cobalt, a metà strada tra Down e Tool, vengono rovinati da un ritornello pomposo e inutilmente drammatico.

Gli sprazzi di melodia che colorano la “panteresca” No Sunrise On The Third (bellissimo il riffone melmoso in chiusura) e l’energica Whispering Snakes invece funzionano a meraviglia: il cantante Steven Kerchner evita di strafare e ci regala due belle prove del suo talento dietro il microfono. Altrove preferisce esagerare o riempire troppo gli spazi, rubando così la scena agli sfortunati compagni che lavorano duro per dare una qualche forma di senso all’opera: che motivo c’era di riempire di schiamazzi e urla disperate la coda della già citata Le Fleur Du Cobalt? Un pugno nello stomaco ricco di richiami al death come Nature Knows No Kings non avrebbe funzionato meglio se lasciato strumentale?

Inutile chiederselo ormai. Non ci resta che salutare e ringraziare i Lord per quanto fatto in passato; meglio ricordarseli fermi all’EP “Blacklisted”, quando ancora non scrivevano capolavori di pretenziosità sul genere di This Lonesome Linger: dodici interminabili minuti per una ballata acustica che unisce folk, southern rock e opera lirica (!) in maniera tutt’altro che memorabile.

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