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Migliori nemici, di Robin Bissell

Migliori nemici

Scheda


Può un uomo razzista fino al midollo e difensore degli ideali del Ku Klux Klan farsi convincere per battersi per un bene comune al fianco della gente di colore? A vedere la storia realmente accaduta nei primi anni ’70 in North Carolina sembrerebbe proprio di sì.

La pellicola diretta dal produttore Rob Bissell, qui alla sua opera prima, ci porta in uno degli avamposti del KKK dove quell’integrazione che iniziava a dare i suoi risultati nel resto degli Stai Uniti, pareva invece non riuscire ad attecchire minimamente, proprio a cominciare da quei piccoli centri rurali come la comunità di Durham, dove il meccanico C. P. Ellis, fra i membri più influenti del Klan locale, si dovrà sedere al medesimo tavolo con l’attivista di colore Ann Atwater per decidere come gestire la coesistenza degli allievi, di colore e non, della locale scuola superiore. A presiedere, quello che nel corso dell’estate del 1971 fu un lungo dibattito fra bianchi e neri, ci pensò Bill Riddick, impersonato da Babou Ceesay, un appassionato professore dalle idee liberali che costrinse le due fazioni rivali a sedersi e dibattere e per una volta senza croci infuocate o cappucci in testa.

La pellicola, fra inni di supremazia e rivendicazioni di diritti basilari, che oggi ci sembrano scontati, scorre veloce sino a un epilogo nel quale Sam Rockwell, che conferma tutta la sua abilità, riesce a rubare letteralemente la scena alla sua rivale: Taraji P. Henson, già vista ne ‘Il diritto di contare’, ovvero in un ruolo analogo da ricordare per le rivendicazioni espresse a favore delle minoranze. In tal caso Rockwell nel ruolo di C. P. Ellis, padre e marito devoto, non saprà dare per tutto il film una risposta univoca in merito alla richiesta d’integrazione espressa da Ann, ma al tempo stesso alla fine della pellicola completerà la sua inevitabile catarsi. La capacità di Bissell, anche autore della sceneggiatura, risiede proprio nell’imparzialità che riesce a mettere al servizio di una storia particolare e unica nel suo genere.

Una storia che s’incastona nel filone dei film di denuncia che hanno fatto la fortuna di un regista come Spike Lee e che qui viene declinata lasciando in bilico lo spettatore sino alle ultime curve, incerto sull’esito finale del dibattimento. Un film mai arrivato in sala, ma che comunque vi consigliamo vivamente di recuperare.

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