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Okay Kaya – Watch This Liquid Pour Itself

2020 - Jagjaguwar
art pop

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Tracklist

1. Baby little tween
2. Ascend and try again
3. Insert generic name
4. Overstimulated
5. Psych ward
6. Guttural sounds
7. Asexual Wellbeing
8. Popcorn heart
9. Mother Nature’s bitch
10. Hallelu ya hallelu me
11. Symbiosis
12. Givenupitis
13. Helsevesen
14. Stonethrow
15. Zero interaction ramen bar


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Se inserite Kaya Wilkins in un qualsiasi motore di ricerca, i primi tre risultati saranno un sito che si occupa di cinema, uno di moda e uno di musica. In effetti Kaya è tutto questo: attrice co-protagonista in “Thelma” (2017), esordio in sala di registrazione per “Both” (2018), testimonial di Mango per la collezione autunno inverno 2019 – 2020 e ancora davanti a un microfono per “Watch This Liquid Pour Itself”. Okay Kaya è il nome del suo personalissimo progetto musicale.

Nel frattempo, l’artista norvegese nata nel New Jersey non si è fatta mancare una collaborazione in “The house”, album del suo compagno Aaron Maine – in arte Porches – che ha messo in musica la poesia Akeren.

Ma allora, ammesso di poter stilare una classifica, in quale contesto artistico potremmo considerare Kaya Wilkins maggiormente credibile? La sua bellezza non si discute, il suo talento espressivo nemmeno, tuttavia è lei stessa a spiegarci che è proprio la musica il mezzo che la fa sentire maggiormente a suo agio.

E’ nota la difficoltà di imporsi in settori come la moda e il cinema, dove prevalgono l’apparenza, l’immagine, lo schermo che l’artista riesce a piazzare tra sé e il resto del mondo. Kaya questo non lo nega, ma attraverso la sua musica può rilassarsi come si fa sul divano di casa, prendere una tazza di caffè e iniziare a raccontarsi.

L’attrazione per le note si materializza in tenera età: così i suoi tre fratelli, che mandano avanti da tempo una band black metal, le insegnano a suonare la chitarra. Sorprendentemente, però, nel comporre musica Kaya si esprime in modo completamente diverso rispetto ai suoi fratelli. Inizia a scrivere testi, che poi sono storie: dentro c’è il suo vissuto, i suoi problemi personali, sentimentali, di salute, mentre sotto scorrono ritmi lenti, che fanno da base ad atmosfere sognanti, dotate di un’eterea leggerezza.

“Watch This Liquid Pour Itself” sembra il lato B – per usare un gergo vinilico – una sorta di disco 2 di un cofanetto che comprende il suo predecessore “Both”. La musica non cambia: pochi accordi, suoni scarni, un’elettronica che sa quasi di ambient. I testi sono malinconici ma spensierati, raccontano un’oscurità accettata con il sorriso.

L’esperienza sensoriale, come in “Both”, è plurima: l’ascolto è infatti una parte dell’opera, accompagnato dalle immagini: cortometraggi ideati e girati dalla stessa Kaya, talvolta coadiuvata da mani esperte (in questo caso Adyna Dancyger). In questa direzione si muovono i primi due singoli estratti da “Watch This Liquid Pour Itself” : Ascend and try again e Baby little tween.

Più il racconto va avanti, più si sente la presenza di una terza persona, come la stessa Kaya ammette nel presentare il disco: “Nella mia musica ci sono io e poi c’è lei”, una sorta di ologramma antropomorfo, che viene fuori grazie alle sue esperienze passate e ad un certo punto inizia a sussurrarle i dettagli della storia che già conosce.

Una storia racchiusa in 15 tracce, tante ma di durata contenuta, non si percepisce mai la necessità di dilungarsi oltre il dovuto con inutili appendici dialettico-musicali. I testi sono didascalie che scorrono sotto le immagini della sua vita. Esperienze ordinarie, come guardare serie tv su Netflix o mangiare pop corn, ma anche importanti, come l’interfacciarsi con uno psichiatra, con il partner, con la fede o con sé stessi nella solitudine di un ramen bar.

Sul piano musicale, “Watch This Liquid Pour Itself” è più ricco rispetto al lavoro precedente. L’art pop delicato e minimale domina nei due singoli, ma anche in Hallelu ya hallelu me e Helsevesen. una batteria un po’ più sostanziosa si affaccia in Insert generic name e Symbiosis.

Poi ampio spazio alla sperimentazione, tentativi di mettere insieme diversi elementi all’apparenza eterogenei: una chitarra distorta e calante unita a un bel coro in sottofondo (Overstimulated), una prova di scat su di un organo con il ritmo scandito da timpani (Guttural sounds), un beat danzereccio in atmosfera chillout (Asexual Wellbeing) e uno swing con tanto di sax e spazzole alla batteria (Popcorn heart).

Non mancano le ispirazioni, più che evidenti, che raccontano in qualche modo il percorso formativo di Kaya. La Nico di Femme fatale ha fatto pace con il suo passato e canta Psych ward, l’Electric Light Orchestra di Last train to London rivive in Mother Nature’s bitch, una ritrovata Norah Jones fa capolino in Givenupitis, mentre l’electro-pop made in eighties dei New Order traccia la strada di Stonethrow. Il finale, affidato a Zero interaction ramen bar, è un languido canto corale a cappella.

Attraverso queste esperienze, messe in musica facendo ricorso a sussurri garbati, Kaya usa la sua arte non come strumento di purificazione o di redenzione. Non vuole scusarsi per aver commesso degli errori. Il suo desiderio è solo quello di essere ascoltata, affinché il suo racconto possa essere alimentato, nutrito, al fine di prendere via via maggiore sostanza e diventare sempre più profondo.

E se è vero che l’assaggio di un buon piatto invita con gusto a finirlo in fretta, “Watch This Liquid Pour Itself” può metaforicamente essere associato ad un bel vassoio di ciliegie: dopo la prima traccia, una tira l’altra.

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