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The Invisible Man, di Leigh Whannell

The Invisible Man

Scheda

USA, 2020 – Fantascienza, thriller – Durata: 115
Regia: Leigh Whannell
Soggetto: liberamente ispirato al romanzo omonimo di H.G. Wells
Sceneggiatura: Leigh Whannell
Fotografia: Stefan Duscio
Montaggio: Andy Canny
Scenografie: Alex Holmes
Costumi: Emily Seresin
Suono: Goeun Lee Everett
Musiche: Benjamin Wallfisch
Cast: Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Aldis Hodge, Michael Dorman, Storm Reid, Harriet Dyer, Amali Golden, Benedict Hardie, Zara Michales
Uscita: 5 marzo 2020
Distribuzione: Universal pictures


Cecilia, sposata da alcuni anni con un ricco scienziato, decide di scappare di casa dopo che suo marito Adrian l’ha resa vittima di un rapporto basato sulla sua mortificazione. Ospitata da un amico, da sua figlia e aiutata da sua sorella Emily, la donna apprende che il marito, scosso dalla sua scomparsa, si è suicidato lasciandola erede di un’ingente fortuna riscuotibile a patto che non venga giudicata incapace d’intendere e di volere. Da quel momento Cecilia inizia però ad avvertire delle strane presenze.

Il romanzo di H.G. Wells viene declinato in chiave moderna, come un horror psicologico che strizza entrambi gli occhi al tema sensibile del #metoo, facendo impersonare a Elizabeth Moss, reduce dal successo di Handmaid’s Tale, nuovamente i panni di una donna destinataria di soprusi ma non più generati da una società maschilista, come quella narrata nelle pagine del romanzo di Margaret Atwood, ma come vittima di un marito che ha saputo farsi odiare anche dal fratello, avvocato dedito alla lettura del suo testamento, anch’egli bersaglio di attacchi psicologici esattamente come la fragile Cecilia. Anche in quest’ultima pellicola di Leigh Whannell c’è ancora molto horror, esattamente come le sue prove precedenti – non dimentichiamoci che il regista canadese è, assieme al regista James Wan, fra i creatori della saga di SAW – ma questa volta declinata come un incubo in bilico fra le paure dei propri errori passati e il terreno bruciato che si può creare attorno a una persona della quale non si riescono a giudicare i comportamenti.

Elizabeth Moss riesce nel frattempo a dominare la scena creando un nuovo personaggio solitario, carico di altrettanto pathos che si dipana dalla sua figura minuta, e che si muove all’interno di una società che sembra ostracizzarla perché capace di dire basta a un rapporto malsano ma dal quale ha potuto ricavare un chiaro beneficio economico. Successo possibile al botteghino, frenato solamente dalla pandemia nelle quale è avvolto il nostro pianeta. Pellicola vincente sotto ogni punto di vista, da quello horror fino ad arrivare alle evidenti implicazioni psicologiche, e per la quale non s’esclude un possibile sequel.

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