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Moonlogue – Sail Under Nadir

2020 - Autoproduzione
space rock / post-rock

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Tracklist

1. 01
2. Graphite
3. Estéban
4. Grains
5. Borderland
6. Moonflares
7. Nuage
8. Treeless
9. Zwangslage
10. Rainyard
11. 00


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“Sail Under Nadir” è l’album di esordio dei Moonlogue, band torinese che fonde electro rock, posto rock, space rock, math rock e progressive. Album di esordio si, ma che possiede una maturità sonora che si apprende fin dei primi minuti della traccia uno, dal titolo 01. Pezzo che fa da intro a quello che possiamo considerare un concept album a tutto tondo.

La storia è principalmente portata avanti in modo strumentale, con alcuni pezzi di narrazione (detti sample) riprodotti come se fossero dei veri e propri stralci di racconto. La storia narra di un astronauta di nome Estèban, che riceve un messaggio di allarme interstellare, sul quale inizierà ad indagare. Lo sfondo è quello di uno spazio che non è stato risparmiato dal progresso, l’avidità e la smania del controllo. Una delle cose che colpisce all’ascolto è che le varie tracce sanno comunicare lo stile vero e proprio del racconto, che pare alternarsi dai toni più sci-fi, a quelli quasi più Lovecraftiani con qualche sfumatura che sa invece di vero e proprio fantasy.

Tracce che si alternano con maestria da impronte più “ambient” ad altre più orecchiabili come Estèban o Borderland. Per quanto alcune siano più lunghe, è praticamente impossibile annoiarsi o “perdere il filo” del racconto, proprio grazie alla dinamicità che la band ha saputo dare al proprio lavoro. Come dicevo, si tratta in un concept che idealmente vedo sospeso tra “Dark side of the Moon” dei Pink Floyd e “Outside”, di David Bowie. Del primo, ci ritrovo una dimensione spaziale umanizzata come le divinità greche, dove in fin dei conti il vuoto siderale non è altro che la distesa infinita dell’animo umano e di quanto lo opprime, omologa, distrugge e mantiene vivo.

Rispetto al capolavoro dei Pink Floyd, Sail Under Nadir” è altrettanto scorrevole, coraggioso, che dipinge senza troppi fronzoli la situazione umana attuale sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vuole vedere. Di “Outside” invece, ci ritrovo la capacità narrativa e di rendere in musica – principalmente solo strumentale – una storia complessa e per quanto non nuova, comunque non banale. Perchè se i Pink Floyd e Bowie raccontavano rispettivamente di omologazione e di innocenza perduta, i Moonlogue invece raccontano non solo di uno spazio rattrappito dalle pulsioni umane, ma di un futuro che per certi versi è già presente, a causa delle deforestazioni, le guerre, il riscaldamento climatico ed un modello di economia vincente sempre più portato al suo estremo. Tematiche attuali, effetto di quello spazio/anima umana percorsa da orrori, pulsioni ed appetiti di cui parlavamo prima.

Insomma, “Sail under Nadir” è questo e senz’altro molto altro; un viaggio intenso e non scontato, nello spazio e nel mondo fuori e dentro l’ascoltatore. Una piccola perla della metropoli sommersa della musica italiana di qualità che vi farà sentire vivi e grati, nonostante tutto, di vivere in questo 2020.

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