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Back In Time

“Washing Machine”, l’indi(e)pendenza raffigurata da una lavatrice

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Nella cover dell’album vediamo due baldi giovani che indossano una maglietta blu profondo, raffigurante una lavatrice di “marca” Sonic Youth. Erano vendibili (le magliette, non le lavatrici) durante un tour per cominciare a pubblicizzare l’album che sarebbe uscito a breve. Non so voi, ma una domanda mi è subito balenata in mente: perché proprio una lavatrice? La risposta è che i Sonic Youth volevano fare il cazzo che volevano, a quasi quarant’anni suonati e nonostante il “tradimento” di essere passati ad una major. Il “cazzo che volevano” include non solo il lato musicale, cosa che ha caratterizzato tutta la loro carriera, ma un ben definito desiderio: quello di cambiare all’improvviso nome, proprio in “Washing Machine”.

Il resto è storia, i Sonic Youth come ben sappiamo non sono diventati lavatrici e sono “morti” con il loro nome di battesimo. Probabilmente il cambio all’anagrafe era giusto una mossa per far un attimo indispettire gli austeri capi della Geffen, così come provarono a fare con “Blowjob?” (che non penso sia necessario tradurlo) che alla fine fu consegnato agli annali come “Goo”. Ma quindi “il cazzo che volevano” in effetti stava cominciando a scemare? Steve Albini sul loro passaggio alla major non disse cose sbagliatissime. Il cuore del sottoscritto batterà sempre per il DIY, per tutto il mondo musicale che racchiude e gli scenari che gli fanno da sfondo. La volontà dei Fugazi di suonare sempre e comunque nelle palestre delle scuole per pochi spicci nonostante il “successo” raggiunto, rimarrà una delle storie più profonde e sincere. Eppure il prodotto principale resta sempre la musica, e nonostante il passaggio alla major, il prodotto dei Sonic Youth non sembra sia peggiorato più di tanto. Sarà stato davvero uno shock vedere un gruppo portabandiera dell’indie passare ad una major, ma in un certo senso, hanno fatto “il cazzo che volevano”. Vogliamo passare ad una major, sono fatti nostri.

Ascoltando ad esempio “Washing Machine“, senza sapere magari che sia un album dei Sonic Youth, lo si potrebbe mai considerare un lavoro da buttare? No, quindi ok, siamo dispiaciuti che i Sonic siano diventati “””mainstream”””, ma quello che loro fanno fondamentalmente è musica. E in questa musica possiamo trovare il brano più lungo prodotto dai nostri, The Diamond Sea, 4:30 di “normali” note messe assieme per poi sfociare in un mare di 15 minuti di paranoia e distorsioni. Non proprio una traccia tipica mainstream. Non è da meno la title-track, con i suoi 9 minuti di durata, che ditemi voi, non potrebbe essere inserita quasi tranquillamente in un album come “Sister”? Tra l’altro troviamo una Kim con un tono di voce che personalmente adesso non ricordo di averla mai sentita, vi prego correggetemi se sbaglio. Per gli ultimi 2 minuti, possiamo togliere il quasi e dire che possono essere inseriti tranquillamente in un album come “Confusion Is Sex“, uno degli album più lontani dal concetto di mainstream.

Certo, il passaggio dei sonici ad una major ha comportato un cambio nel loro modus operandi. Niente più concerti in locali da quattro soldi, benvenuto Madison Square Garden. Niente più Bob Bert che guarda inorridito la sua batteria imbrattata dal sangue di Thurston Moore impegnato a suonare chitarre da 50 dollari all’interno delle quali aveva inserito cacciaviti, sono tutte cose che come l’ottimismo sono il profumo della vita. Sarà stato un dispiacere che i sonici magari abbiano perso questo “profumo”, ma la loro onestà e volontà di fare musica alternativa è rimasta intaccata e “Washing Machine” è davvero un ottimo esempio. Un capitolo pur sempre sincero, come gli altri, della band che major o meno, è stata probabilmente la stella polare della musica indie.

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