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Yard Act – The Overload

2022 - Zen F.C. / Island
post punk

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Tracklist

1. The Overload
2. Dead Horse
3. Payday
4. Rich
5. The Incident
6. Witness
7. Land Of The Blind
8. Quarantine The Sticks
9. Tall Poppies
10. Pour Another
11. 100% Endurance


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Dopo il buon riscontro dell’EP “Dark Days” dello scorso gennaio a settembre è cominciata la campagna di rilascio dei singoli per il primo album degli Yard Act, il primo dei quali, The Overload, è finito su Fifa 2022. Metteteci anche gli elogi di Elton John e la nomination per la lista “BBC Sound of 2022”, ed ecco che l’hype per il nuovo album è cresciuto fino all’odierna release. “Buffo, non avevo mai nemmeno immaginato di poter entrare nelle classifiche, ora invece mi scoccerebbe non arrivare al numero 1”, ha commentato il frontman, l’anti-capitalista James Smith: “Sono un ipocrita, come tutti”.

Per raccontare “The Overload” cominciamo dicendo che siamo a Leeds, Yorkshire. Inghilterra del Nord, patria nei ’70 di band come i Gang of Four e a soli 47 minuti da Prestwitch,  dove ai tempi operavano i Fall di Mark E. Smith. Gli Yard Act sono iscritti nel grande calderone “post-punk” che si sta riprendendo le nostre orecchie, nonché persino le classifiche, almeno oltremanica. Ma su “The Overload” non sentirete influenze prog o jazz e nessuno della band ha fatto il conservatorio: non sono i Black Midi o i Black Country, New Road. Al massimo, rimanendo nell’ambito delle nuove band che vengono dal sud del Paese, li si può avvicinare ai Dry Cleaning, per lo “spoken-word” e certi riff tra basso e chitarra, oppure agli Squid, cui sembra legarli la passione per i Talking Heads. 

Tuttavia, seppur sarebbe facile farlo, la band non vuole che li si chiami post-punk o che li si iscriva nel grande calderone dei gruppi che discendono dai Fall. Magari solo perché i due Smith cantano in modo simili, o meglio, non cantano. In realtà anche su questo, mentre confessa di aver imparato qualche trucchetto da Mark E., James Smith si dice soprattutto un adepto dell’hip-hop americano, da Eminem a Dr. Dre, passando per Nas e Mobb Deep. E quindi eccola qui l’originalità degli Yard Act, a metà strada tra il  sound delle loro parti e l’hip-hop d’oltreoceano, al punto da poter piacere ai fan di entrambi i generi. 

“Ho fatto un concept album anti-capitalista” spiega James Smith, il quale addirittura crede che “verrà la rivoluzione e lui sarà in prima fila”. Finché avremo il capitalismo però, lui punta in alto. Pur non prendendosi troppo sul serio: “Male che va sembreremo assurdi, bene che va sembreremo presuntuosi”, dice di quello che canta. Vero, ma poco importa. I testi sono sagaci e pieni di spunti, alla pari dei video, divertenti e ben fatti. La musica trascina nel suo non offrire molti punti di riferimento, o forse ve ne sono troppi, in un mix originale di post-punk, no-wave, brit-pop, funk e hip-hop. In definitiva gli Yard Act potrebbero diventare i Clash degli anni ‘20.

Ambizioso, ma lo schema è quello, con la capacità che hanno di sfornare inni politici, catchy e radio-friendly, mentre fanno una musica rock aperta agli “altri suoni” della propria epoca. Presto sapremo se arriveranno al numero 1. Poi avremo altri 11 mesi per decidere se entreranno anche nelle nostre Top Ten 2022.

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