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Sharon Van Etten – We’ve Been Going About This All Wrong

2022 - Jagjaguwar
alt-rock / songwriting

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Tracklist

1.  Darkness Fades
2. Home to Me
3. I’ll Try
4. Anything
5. Born
6. Headspace
7. Come Back
8. Darkish
9. Mistakes
10. Far away


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Avremo anche commesso errori e sbagliato tutto, come suggerisce il titolo, ma una cosa è certa: Sharon Van Etten ha realizzato un gran bel disco. A tre anni di distanza da “Remind Me Tomorrow”, “We’ve Been Going About This All Wrong”, è il sesto album in carriera e il quarto per Jagjaguwar, che, circa un decennio fa, la lanciò con “Trump”.

Voce potente ed evocativa, testi meditativi, toccanti e riflessivi, scelte musicali dinamiche e immediate: questo è il nuovo lavoro di Sharon Van Etten, in cui canta e suona diversi strumenti, accompagnata dai fedelissimi Charley Damski, per synth e chitarre, Devon Hoff al basso e Jorge Balbi alla batteria.

Sharon è riuscita a creare un album profondamente personale, riuscendo, allo stesso tempo, a dar voce alla vita interiore di ogni singolo ascoltatore, nella cristallizzazione di tutti i suoi spettri emotivi, accompagnati da una considerevole complessità negli arrangiamenti. Vulnerabilità, relazioni, maternità, fantasmi del passato, violenza e discriminazioni, epidemia e isolamento, incertezza per la fine del mondo, sono i temi che vengono sbattuti in faccia all’ascoltatore con una forza vocale, contagiosa e catartica. “We’ve Been Going About This All Wrong” si dirama attorno a sè tante possibili strade, da intraprendere, smarrire e poi ritrovare.

Il disco è stato annunciato in maniera totalmente atipica, senza alcun singolo a fare da anticipazione: «Volevo affrontare questa pubblicazione in modo diverso, per coinvolgere i miei fan in modo intenzionale, nel tentativo di presentare l’album come un intero corpo di lavoro», dichiara Sharon. L’album è infatti prensentato come un unico corpus, da ascoltare in ordine, dall’inizio alla fine; da lasciar suonare tutto in una volta e senza interruzioni: «Queste dieci canzoni sono progettate per essere ascoltate in ordine, contemporaneamente, in modo che possa essere raccontata una storia molto più ampia di speranza, perdita, desiderio e resilienza».

La copertina del disco è uno scatto di Michael Scmellin. Sharon veste completamente di nero e porta i capelli tagliati corti. La sua immagine si allontana da una scena quasi fantasy, a tratti apocalittica: una nebulosa di colori alle spalle. Sotto un certo aspetto il magnetismo scenografico ricorda una cartolina di Boo’ya Moon, strappata della pagine del romanzo Storia di Lisey di Stephen King. Personalmente non riesco ad immaginare un’immagine solitaria migliore che catturi l’ethos dell’intero album: «Volevo trasmettere quella [perdita e crescita] in un’immagine con me che mi allontanavo da tutto, non necessariamente coraggiosa, non necessariamente triste, non necessariamente felice».

Non sarebbe onesto dire che questo sia il miglior album di Sharon Van Etten, ma senza ombra di dubbio è tra i suoi lavori più completi e appaganti, che la confermano tra le donne del rock cantautorale a stelle e strisce. Non si può etichettarlasemplicemente come indie folk o indie rock. I suoni sono sinceri e tempestosi, i brani spaziano da melodie pastorali costruite con chitarra acustica fino ad arrivare alle onde oscillanti del synth.

“We’ve Been Going About This All Wrong” è composto da dieci brani. La prima traccia del disco Darkness Fades si apre con voce affabile e pochi accordi acustici, per poi esplodere, una manciata di secondi dopo, in una malinconica alba retrofuturista di colori, gli stessi che scandiscono il battito di Home To Me, dedicata al figlio di cinque anni. Il brano scava nella natura complicata della maternità, tra amore e sacrificio, una potente ode alla gioia e al tormento dell’essere madre. Tra le note del pianoforte e i ritmi lenti e tonanti della batteria, sembra quasi che Sharon intoni un canto come a cullare il suo bambino. Con una piacevole linea di synth e un ritmo pop e sbarazzino, invece, I’ll Try, terza traccia del disco, invoca la speranza di unirsi per rendere il mondo un posto migliore. Si procede, poi, con Anything, brano acustico, perfetto esempio di rock classico, in cui Van Etten racconta la sensazione di ansia e paura derivante dal caos e dalla disperazione del mondo circostante. Lenta e cupa, Born, è un brano sobrio e delicato, in cui gli archi e la voce fumosa ed eterea di Sharon dialogano col suo io interiore.

In Headspace, troviamo una linea irrequieta e rumorosa di basso distorto, che si aggira intorno ad una nube di sintetizzatori e grumi di elettronica, trascinando la voce in un mantra apocalittico. L’atmosfera del brano è terrificante e seducente allo stesso tempo, mentre il desiderio si confonde in un bisogno primordiale di desiderare a sua volta; un’esplorazione arrabbiata e sintetica della stagnazione che si verifica nelle relazioni a lungo termine, una lotta per conservare nel presente il fuoco del passato, senza scivolare nell’abitudine della quotidianità. L’esplorazione del tema continua in Come Back, settima traccia del disco, ballad dolce e romantica. Segue poi la solennità di Darkish in cui il ciguettio di volatili in sottofondo, insieme agli accordi della chitarra acustica, sono  gli unici accompagnamenti alla sua voce che ci ricorda che non abbiamo a che fare con il buio, ma solo con l’oscurità. I suoni bassi e cupi terminano bruscamente con l’inno elettropop di Mistakes in cui Sharon esplora più a fondo le note dance in un vivace groove da pista da ballo. Chiude il disco il brano Far Away  in cui la voce e la melodia si uniscono intorno alla chitarra e ad accenni di basso anni ’80, facendo fluttuare dolcemente la canzone tra riflessioni spirituali e cosmiche.

“We’ve Been Going About This All Wrong” è un’impressionante dichiarazione sulla irrequietezza, sulla perdita, ma anche e soprattutto sulla speranza e sulla rinascita. A prescindere dal titolo ammiccante, il risultato appare chiaro e indubbio: Sharon ha fatto tutto bene.

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