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Back In Time

“…And The Circus Leaves Town”, l’ultima allegoria dei Kyuss, una band ineguagliata

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Avevo già citato nel mio articolo sul precedente Welcome to Sky Valleyle antiche feste tribali africane a base di pesanti allucinogeni in cui si raggiungeva uno stato di alterazione talmente forte da suscitare nei partecipanti il desiderio di non ripetere tale esperienza. E invece, un anno dopo, i Kyuss organizzano un’altra festa, l’ultima, come annunciato dal titolo “… And the Circus Leaves Town”: una potente allegoria che descrive lo spazio lasciato dal circo dopo la sua partenza. Il carrozzone concreto e pesante di organizzazione e regole precise se ne va. L’ultimo rimorchio alzando il polverone prende la strada e, all’imbrunire, rimane una cosa sola: il deserto.

Oppure la dipartita del circo è allegorica in quanto descrivente di un’assenza, o meglio la presenza dell’assenza, ma comunque è da qui che inizia “… And the Circus Leaves Town” perchè l’opera che i Kyuss registrano può anche essere la fine dell’attività della band ma è soprattutto un inizio: è il punto nel tempo in cui i Kyuss entrano nel mito, è il chiudersi della scatola magica ed esposta come monumento eterno per ricordare a tutte le band a venire che cosa è stato, che cosa è esistito prima di loro.

Ciò che fecero Garcia, Homme, Hernandez e Reeder fu di dar voce a tutta l’ispirazione rimasta a sfamare la loro creatura prima di spostarsi verso altri progetti quali, tra i tanti, i Queens of the Stone Age che tutto sarebbero diventati tranne essere una band al livello dei Kyuss.

Perché era l’estate del 1995 e presso il mio negozio di dischi preferito specializzato nell’ondata alternativa di quegli anni “… And the Circus Leaves Town” era nel lettore cd a rotazione e la clientela ascoltava in silenzio concedendosi qualche cenno di stupore reverenziale, alcuni di loro erano andati a sentire la band per la prima e ultima volta al Factory di Milano, a febbraio dell’anno in questione.

Ne abbiamo parlato per decenni e la frase che più tornava alle mie orecchie è che la traccia di chiusura Spaceship Landing “vale tutto il disco”, come se il resto venisse screditato ma eravamo abituati al meraviglioso e quindi era difficile suscitare in noi qualche senso di sorpresa , per questo è sempre stato un punto di vista pigro, dettato dal non essere mai usciti dal capolavoro precedente, per il quale molto avevano chiesto i ragazzi alla natura e come diceva Junger “Non prendiamo nulla dalla natura senza perdere qualcosa di nostro” e l’”Essere” di Kyuss aveva già dato molto in termine di qualità dei pezzi e stava dunque inevitabilmente svanendo ma il “Sè”, essendo extratemporale, c’era ancora, perchè “… And the Circus Leaves Town” è semplicemente “Welcome To Sky Valley” che ha conosciuto sé stesso, trovandosi nel riflesso della propria immagine e abbandonandosi ad un’avventura spirituale. Oggi forse ce ne accorgiamo meglio.

… And the Circus Leaves Town” viaggia con un tempo proprio su un terreno insicuro fino al segno di confine in cui vita e morte si confondono nelle grandi distanze, quelle tra l’artista e lo scienziato, in cui i Kyuss creano, ancora una volta, modelli validi di ricercata pienezza. E’ quindi l’ultima prova d’artista toccato dalle ombre e luci dell’inseguimento cosmico prima di lasciare lo spazio alla scienza, ad una nuova moda, ad un nuovo volto.

Tornando alla chiusura, “… And the Circus Leaves Town” termina così perchè Spaceship Landing è l’ultima allegoria che traccia il cambiare degli accadimenti: dopo quell’atterraggio nulla sarà più come prima. In quella brughiera, su quel terreno arido lasciato vuoto, ecco che giunge quello che tutto muterà e che porterà via quel suono dall’essere uno spontaneo artefatto terrestre; perchè i Kyuss erano molto di più di una rock band, erano un’espressione che non poteva essere portata avanti in nessun altra formula.

E dato che quello che venne dopo è stato solo un maldestro tentativo di prolungare quella nobiltà, un tentativo ruffiano, banale, noioso e per di più altezzoso, mi viene in mente una cosa che disse Salvador Dalì: “E’ inutile scomodarsi per eventi che non siano sensazionali”. Quindi teniamoci stretti i cd dei Kyuss e diamo il giusto peso al resto. Almeno io cerco di farlo, per benessere mentale.

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