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BEST ALBUMS 2022: i migliori album del 2022

Arriva dicembre e con esso tornano le consuete classifiche di fine anno, anticipate da riunioni di redazioni infuocate che servono proprio a delineare quelle che saranno le posizioni e i dischi che andranno a ricoprirle. In parte divertimento, in parte una gran rottura, ma comunque sempre momento grandioso che ci porta a riascoltare compulsivamente tutti quegli artisti che ci piace considerare i migliori dell’annata che va a concludersi. Si tirano le somme di questi anni infausti, con il 2022 salito sul podio assieme agli ultimi due. Le posizioni, in questo caso, le facciamo scegliere a voi.

Ancora una volta, come impegnati in uno slalom gigante con tanto di telecronaca rovinosa, abbiamo dato un taglio “altro” alla nostra visione della musica: probabilmente non noterete in alcuna delle classifiche i nomi blasonati che invece troverete altrove, ma che ci volete fare? Sono quasi vent’anni che siamo così e non abbiamo intenzione di cambiare, e se ci seguite un motivo ci sarà. Magari ci aspetterete sotto casa con un machete perché non avete trovato l’imprescindibile gruppo segnalato da Pitchfork tra marzo e aprile, ma siamo pronti a correre il rischio. Addirittura abbiamo messo cinque dischi in meno rispetto allo scorso anno, dopo lungo ponderare abbiamo pensato che più di questi non si sarebbe potuto fare (chi ne mette 100 ci dica come fa). Anche e soprattutto la critica musicale ha bisogno di una briglia, a volte.

In fin dei conti sono un gioco divertente per chiudere i conti con l’anno corrente: prendete la classifica più come una guida all’ascolto (paraculi!) tra quelle che riteniamo essere le migliori uscite discografiche del 2022.

35. OFF! – Free LSD

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Diciamolo subito, “Free LSD” non suona ovviamente come fantasticavo io, come una versione 2022 dei Laddio Bolocko e nemmeno come Naked City, si sarebbe snaturata completamente la loro essenza e si sarebbe sfiorata l’avanguardia con tutti i rischi e pericoli del caso, ma è lo stesso una figata e seppur mantenendo sempre molte delle classiche caratteristiche di un disco hc, ha comunque effettivamente delle influenze, svarioni ed intermezzi vagamente free jazz.

34. Deathspell Omega – The Long Defeat

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The Long Defeat“, viene presentato come ‘la prima emanazione della terza era’ e vede i francesi alle prese con un qualcosa che è idealmente il trait d’union tra l’approccio più progressivo ed angolare e quello atmosferico e maggiormente black metal.

33. Pinegrove – 11:11

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11:11” è un concatenarsi di melodie, un fiorire continuo di armoniose possibilità in cui le dinamiche sono lo spettro più ampio immaginabile in quello che è il cammino della Terra e degli esseri umani.

32. The Lovecraft Sextet – Miserere

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Un’esperienza quasi mistica, bellissima, assai cupa, quasi disperata in alcuni frangenti, ma che fa intuire quanto il suo autore sia tornato al suo solito, e per troppo tempo perso, stato di grazia.

31. Osees – A Foul Form

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Viene il momento, per tutti questi lo-fi-garage lover di tornare alla propria adolescenza virulenta, fatta di borchie, metallo e testosterone ribelle. Per gli Osees è tutta questione di punk, di quello marcio e fetido, più nella sua versione “proto” che in quella compiuta che ha fatto il salto dal ’77 agli anni ’80 ma che non tralascia quel che venne poi e prese il nome di hardcore punk.

30. The Mars Volta – The Mars Volta

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Suona pesante e per esserlo non necessita di brani da venti minuti o riff gargantueschi. Per capirlo, però, va ascoltato tutto di un fiato, senza estrapolare un pezzo piuttosto che un altro. Come il cubo con cui hanno fatto salire l’hype è materia inscindibile e oscura, anzi, aliena perché i Mars Volta si scoprono nuovi con grande, enorme sorpresa.

29. Dead Cross – II

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Dead Cross che ricalibrano il proprio essere ed estro e si trasformano, cambiando pelle in favore di una più dura e oscura diventando ancor più pericolosi di prima, più terrificanti e antagonisti persino nei confronti di se stessi.

28. Syndrome 81 – Prisons Imaginaires

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Nati qualche anno fa come band puramente oi!, i Syndrome 81, in tre album pubblicati, hanno virato verso una moderna new wave punk, prendendo un po’ dai Blitz e un po’ dai New Order e mischiando il tutto con la solita, verace, rabbia skinhead.

27. black midi – Hellfire

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C’è qualcosa di straordinariamente rinfrescante nell’arte dei black midi. Non so quanto tempo era che non vedevamo da vicino l’opera di musicisti ventenni che raccontano storie immaginifiche sulla base di una musica “progressiva”. Erano gli anni ’70, quando band formate da giovanissimi proponevano temi e musiche paragonabili, scavalcando le classifiche.

26. Dälek – Precipice

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Siamo sull’orlo del precipizio e guardiamo sotto. Lo facciamo di nostra iniziativa, perché vogliamo sapere quanto lunga sarà l’agonia quando supereremo il limite e finiremo per caderci dentro. Questa la sostanza, questo lo spirito, questo il DNA del duo, che sembra dare uno scossone alla propria natura, rimescolandola.

25. Wovenhand – Silver Sash

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Per personalità della specie di David Eugene Edwards il tempo è mero accessorio, o meglio, uno strumento e se lui e il chitarrista Chuck French hanno ritenuto necessario impiegare quattro anni per imbastire l’intelaiatura di “Silver Sash” è perché era giusto che il tempo avesse un suo peso specifico per formarne ogni tassello, levigarlo fino ad ottenere una forma non solo soddisfacente, piena e compiuta. La forma di un serpente argentato.

24. Alabaster Deplume – Gold

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Un album magnetico, scheletrico nella sua forma e parecchio profondo e a tratti toccante nel risultato finale, che sa mostrarsi leggero e arioso ma sa nascondere e disvelare passo dopo passo, ascolto dopo ascolto, una natura inquieta e a tratti ansiosa, profonda ed emozionante.

23. Spiritualized – Everything Was Beautiful

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Se il mondo si riduce al minimo, J si tramuta in massimalista, imbraccia sedici strumenti e li suona, si sposta, in questo sempiterno viaggio, in undici studi differenti e chiama a raccolta trenta musicisti e realizza quei sogni che hanno trapassato il velo durante lunghe camminate in una Londra deserta, concretizza “Everything Was Beautiful” e riporta gli Spiritualized sulla Terra.

22. Meshuggah – Immutable

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Quello che i Meshuggah ci vogliono dire è che è il loro approccio alla musica ad esser rimasto immutato, non il contenuto. Raramente infatti un loro disco suona uguale ad un altro. Dopotutto loro fanno parte di quella ristrettissima cerchia di artisti polarizzanti, che hanno tirato fuori un genere dal nulla e per il quale gli ‘ok ma fanno sempre la solita roba’ lasciano il tempo che trovano. Se non per il fatto che molti non la hanno ancora capita bene, questa ‘solita roba’.

21. Oneida – Success

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“Success” è un notevole frammento di genio e rumore, un cammino eccentrico che esplora le basi rock anni ’90, un disco selvaggio e interessante.

20. Soccer Mommy – Sometimes, Forever

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La voce di Allison seguita l’immersione nelle profondità di un lago fatto di amarezza e disincanto, ancor più struggente e piegata dal peso della giovane età che stagna in un mondo avverso a chiunque, non solo più alle nuove generazioni.

19. Celeste – Assassine(s)

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Come una nera e furiosa fenice compaiono all’orizzonte, spiegando ali di melodia caliginosa in un ciclone elettrico che pare non avere mai fine. Perché è all’infinito che sembrano tendere le chitarre, ora più che mai, mentre si sciolgono sull’incedere ritmico, allungando i riff, aprendoli mentre la batteria punteggia le atrocità sonore ogni snodo, colpo dopo colpo.

18. Show Me The Body – Trouble the Water

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Fare un disco anti-canonico è necessario, nel 2022 più che mai. Smuove le acque, rendendo fede ad un titolo che più azzeccato non si potrebbe.

17. The Bobby Lees – Bellevue

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Pronto e servito l’album rock di cui tutti sentivamo il bisogno e di cui non si parlerà abbastanza, certificato di sfrontatezza e sanguigna bastardaggine che manca solo superficialmente. Se scavi la trovi e ti devi sporcare le mani.

16. Moin – Paste

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La musica dei Moin si ricollega a tante band del passato, a cavallo del millennio soprattutto. Così tante che non le elenchiamo, per paura di omissioni. O forse, soprattutto, perché, alla fine, malgrado questi richiami, i Moin non assomigliano a nessuno.

15. Wu-Lu – Loggerhead

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Tocca a Wu-Lu prendersi la scena, non quella che prevede riflettori tanto sfavillanti quanto farlocchi, bensì l’oscurità di un mondo che divora tutto e tutti ma che necessita di parole che ne narrino e ratifichino la caduta ma non senza lottare per evitarne il crollo finale se non per poi ricostruire il tutto da capo.

14. Russian Circles – Gnosis

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Non so se il cambiamento nel modo di scrivere, come espresso da loro stessi, in parte probabilmente anche dovuto al momento così difficile in cui “Gnosis” ha trovato forma a causa del distanziamento sociale, abbia giovato a tal punto alla loro creatività ed ispirazione oppure se i Russian Circles hanno avuto la possibilità di avere più tempo per lavorare a tutti i minimi dettagli con tranquillità, o infine ancora se questo periodo nero e assurdo li abbia scossi a tal punto da avere ripercussioni positive sulla vena artistica. Fatto sta che il risultato finale è davvero molto, molto, molto buono.

13. Current 93 – If A City Is Set Upon A Hill

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Il disco è la descrizione malinconica e inquietante di un’epoca al di fuori dal tempo, una mano tesa che guida l’ascoltatore attraverso campagne inglesi, solo apparentemente rassicuranti ma dietro alle quali si cela sempre qualcosa di spaventoso.

12. Cult Of Luna – The Long Road North

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The Long Road North si discosta dal precedente lavoro per una propensione musicale di stampo molto più cinematografico, fatta di dettagli sonori che si evolvono continuamente su una base solidamente collaudata. In questo il lavoro di arrangiamento è come sempre mostruoso.

11. The Smile – A Light For Attracting Attention

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The Smile è una macchina perfetta che sanguina, suda, digrigna i denti e annaspa nel disagio e nel mare di immondizia che a tutti tocca attraversare e mette in moto la descrizione di un viaggio turbolento, oscuro e a tratti deprimente, ma sempre pronti a colpire e a farlo con precisione chirurgica.

10. White Ward – False Light

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White Ward si potrebbero definire degli abili alchimisti capaci di dosare sapientemente materie differenti, anche molto lontane fra di loro, ma riuscendo a mescolarle magistralmente. Ascoltando “False Light” non si può non notare ciò in maniera lampante. Attualmente in ambito post black metal difficilmente si potrà trovare qualcosa di meglio, siamo ai vertici assoluti.

9. Moor Mother – Jazz Codes

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Moor Mother codifica il linguaggio del jazz, ne prende gli estremi e li tira a sé, districa una matassa free e la confonde con melodie reali, un tempo solo accennate che qui fioriscono come fiori di ciliegio in primavera, con un tocco di veleno come i petali di rosa di Eliogabalo, perché non sempre ciò che è cantabile è leggero, a volte pesa un miliardo di tonnellate perché è giusto che sia così.

8. Gilla Band – Most Normal

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Most Normal” è tutto quello che il post-punk potrebbe essere oggi se non fosse troppo impegnato a cercare di replicare un movimento che rivoluzionario fu davvero prendendone a prestito però solo l’estetica e tralasciandone i valori. Non c’è speranza nella musica dei Gilla Band, che nelle 12 tracce che compongono il loro album si occupano principalmente di distruggere scientificamente tutto quello che prima hanno ideato.

7. Viagra Boys – Cave World

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Il disco costruisce intorno alla nostra società un racconto popolato da complottisti, cospirazionisti ed antiscientisti. Questi sono abilmente esposti alla derisione dai testi del frontman Sebastian Murphy, parole mordaci che vanno a formare un incastro perfetto con i ritmi dance-punk – e a tratti new-rave – dei brani.

6. Soul Glo – Diaspora Problems

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Diaspora Problems” racchiude in sé tutto il devasto che i Soul Glo hanno disseminato finora, anzi, lo innalza ulteriormente, a livello di terrore acustico senza freni inibitori.

5. Otoboke Beaver – Super Champon

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Un fulmine sbroccato di punk rock in cui tempi demenziali, grida, voci sbiellate e violenza elettrica si prendono a braccetto, fanno il girotondo fino a cadere in una spirale dal tocco di intrinseca natura grind, come se dalla copertina di “Suspended Animation” dei Fantômas a cura di Yoshitomo Nara avesse preso vita propria, fosse uscita dal cartoncino uscendo nel mondo a fare bordello, spaccando tutto e appiccando fuoco ai cassonetti per poi riposarsi guardando un anime iper-colorato.

4. Kee Avil – Crease

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I debutti sono bestie strane. Non importa l’anno in cui escono e a che generazione finiranno in pasto, ognuno di loro racchiude in sé una natura specifica, a volte urgente, altre figlia di lambiccamenti, altre ancora vi regna una gran confusione e si ritorna da capo, all’urgenza di voler dire a tutti quanto si è solo immaginato e tenuto per sé fino ad un attimo prima. Poi ci sono dischi come “Crease”, ed è al loro cospetto che si capisce immediatamente che non c’è regola che tenga.

3. Chat Pile – God’s Country

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Tempi oscuri richiedono gruppi altrettanto oscuri o che almeno diano voce al malessere dominante e farlo all’interno dell’impero capitalista, con i capisaldi al di qua e al di là dell’Oceano ha di nuovo, ancora e sempre il suo perché e che a farlo siano gruppi nuovi ci fa sentire meno perduti in questa flatland che spinge i suoi confini ogni giorno più in là.

2. Yard Act – The Overload

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La musica trascina nel suo non offrire molti punti di riferimento, o forse ve ne sono troppi, in un mix originale di post-punk, no-wave, brit-pop, funk e hip-hop. In definitiva gli Yard Act potrebbero diventare i Clash degli anni ‘20.

1. Greg Puciato – Mirrorcell

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Pochi sono gli artisti che al di là del gruppo che li ha lanciati sono riusciti a distinguersi per una propria personalità, per di più forse anche più presente e incisiva che in precedenza, di questi tempi poi lasciamo proprio stare. In questo sparuto gruppo Puciato svetta come un monolite in questo deserto creativo che ci tocca affrontare a piedi scalzi.

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